Scandalo Mose, il gup ha rigettato la richiesta di patteggiamento per l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. La decisione del giudice dell’udienza preliminare, Massimo Vicinanza, è arrivata stamattina. “Pena incongrua vista la gravità dei fatti” la motivazione con cui il giudice ha, di fatto, respinto l’accordo tra i legali di Orsoni, gli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo, e la procura di Venezia. La difesa aveva chiesto e ottenuto dai pm una pena pari a quattro mesi e una multa di 15 mila euro. Pena ridotta da 9 a 4 mesi per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Troppo poco, ha stabilito stamattina il gup, viste le accuse che pendono sul capo dell’ex sindaco.
Orsoni, infatti, avrebbe ricevuto, sostengono i magistrati, “400-500 mila euro per la sua campagna elettorale” in occasione delle elezioni comunali del 2010. Soldi derivanti da false fatturazioni e della cui provenienza l’ex sindaco era pienamente consapevole. Questo è quanto ha dichiarato Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, grande accusatore di Orsoni a sua volta coinvolto, per altri reati, nella tangentopoli veneta per la realizzazione del Mose, il grande sistema di chiuse a protezione della laguna. Rinvio a giudizio, dunque, per Orsoni che non era presente in aula durante l’udienza di oggi e ha appreso della decisione del gup dal proprio legale di fiducia. “Non so ora da dove si parte” ha dichiarato il suo avvocato, Daniele Grasso, uscendo dal tribunale. “Prenderemo le decisioni da assumere assieme al mio assistito, non è questo il momento per parlare del futuro. Ci sono comunque le condizioni per affrontare un processo. Il patteggiamento ormai non esiste più” ha concluso. Non si è fatta attendere la dichiarazione dei pm che hanno condotto l’inchiesta: meglio “una pena certa oggi, anche se minima, piuttosto che una pena più pesante alla quale probabilmente non si sarebbe mai arrivati considerato il rischio di prescrizione del reato” hanno commentato i titolari del fascicolo Mose.
Carmela Adinolfi