Boldrini e Ong “No rimpatrio in Libia”, asilo politico a 2 mila. E il resto?
Ai microfoni di Radio Popolare, il presidente della Camera Laura Boldrini ha difeso con forza le Ong. Dichiarandosi sconcertata delle accuse rivolte a chi ogni giorno salva le vite umane. Inoltre si è soffermata anche sulla questione dell’accoglienza. Affermando che bisogna distinguere tra chi ha diritto alla protezione internazionale e chi non ce l’ha. Questi ultimi, infatti, dovranno essere rimpatriati secondo la Boldrini. Che però, allo stesso tempo, si dichiara contraria al rimpatrio in Libia. Viste le condizioni disumane dei centri di detenzione. Dati alla mano, l’asilo politico è stato dato solo a 2.487 persone nel nostro Paese. A fronte di 6.045 esaminati. Per un totale complessivo di 12.140 richiedenti asilo a luglio 2017, ovvero il 6% in meno rispetto al mese precedente.
Laura Boldrini: “Rimpatrio per chi non ha diritto, ma non in Libia”
Per Laura Boldrini le Ong meritano rispetto, perché hanno salvato decine di migliaia di vite umane. Questo però, ci tiene a specificare il presidente della Camera, non significa accoglienza al 100%. L’accoglienza è riservata solo a “chi ha diritto alla protezione internazionale”. Questi dovranno poter fare “un percorso di accoglimento”, come vuole la legge. Chi invece non ha diritto alla protezione internazionale, dovrà essere rimpatriato. “Che non vuol dire rimandato in Libia”, precisa la Boldrini. Ribadendo un concetto espresso lo scorso febbraio dal rappresentante speciale Onu Martin Kobler. Questi affermò a suo tempo: “Capisco le preoccupazioni dell’Europa. Ma in questa fase i migranti non possono essere rimpatriati in Libia”. Per Kobler, infatti, “Il rimpatrio non è una soluzione praticabile per via delle condizioni umanitarie nel Paese”.
Sulle Ong, invece, la Boldrini si è detta sorpresa dell’accanimento contro di esse. Attacchi che forse nascondono “questioni più grandi sulle quali invece non c’è una presa d’atto”. Il dito viene puntato contro “l’impotenza delle istituzioni europee”, senza contare le condizioni “terrificanti” dei centri di detenzione in Libia. “Non ci può lasciare indifferenti la condizione delle persone che vengono riportate indietro dalla Guardia Costiera libica”, ha concluso la Boldrini.
Richieste asilo in Italia a luglio 2017
Come potete constatare dalla tabella diffusa dal Ministero dell’Intero, sono state 12.410 le richieste asilo totali a luglio 2017. Il 6% in meno rispetto a giugno, quando ci sono state 13.165 richieste.
Asilo politico a 2.487: e gli altri?
La tabella sottostante, invece, riguarda gli esiti delle richieste di asilo politico. Su un totale di 6.051 richiedenti esaminati, l’asilo è stato concesso a 2.487 persone. Esclusi i 6 “altri esiti”, abbiamo 3.558 dinieghi del diritto alla protezione. Tra i 2.487 soggetti accettati, 523 hanno ottenuto lo status di rifugiati. 408 avranno diritto alla protezione sussidiaria. E ben 1.556 alla protezione umanitaria.
Riepiloghiamo le definizioni del tipo di protezioni.
- Rifugiato: chi ha il fondato timore di subire atti di persecuzioni se facesse ritorno al proprio Paese di origine.
- Protezione sussidiaria: cittadino di un Paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato. Ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine o di domicilio, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
- Protezione umanitaria: a chi per “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, non può essere rifiutato o revocato il permesso di soggiorno.
Il permesso di soggiorno a chi ha diritto alla protezione umanitaria dura solo 1 anno. Passati 365 giorni, dovranno essere verificate la permanenza delle condizioni del soggetto ai fini del rinnovamento dei motivi umanitari.
3.558 rifiutati: che fine faranno?
I dinieghi sono stati 3.558 in totale a luglio 2017. Ovvero, il 59% del totale. A giugno 2017 erano 3.798 (58% del totale). Nonostante i progetti Onu per campi in Libia dove siano rispettate le condizioni umanitarie, una soluzione ai rimpatri ancora non c’è.
Ottenere asilo politico in Italia diventa sempre più difficile e restringente. Cosa succede a chi viene rifiutata la domanda di asilo? Dove va? Come scrive l’avvocato Paolo Cognini su MeltingPot, “il richiedente asilo può fare ricorso alla stessa Commissione Territoriale” che ha valutato la sua domanda. E che quindi darà un altro esito negativo. La Commissione sarà integrata con un elemento aggiuntivo proveniente dalla Commissione Centrale. Allungando di fatto il brodo burocratico. E a fronte di trovarsi in attesa in un centro di detenzione “ed essere ostaggio dell’amministrazione di questo stato […] è evidente che prevarrà la tentazione di rimanere in condizione di clandestinità”. Resta quindi incerto il destino dei richiedenti asilo a cui la domanda è stata rifiutata. A questo problema, ancora non c’è una risposta chiara e definitiva.
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