Non ci sta Gino Paoli, a passare per il Presidente di una SIAE bollata come un carrozzone inutile e inefficiente come hanno scritto in molti, specie a margine della firma, da parte del Ministro Franceschini, del c.d. Decreo “Equo compenso” attraverso il quale ha garantito alla SIAE, per i prossimi tre anni, oltre dieci milioni di euro all’anno a titolo di “rimborso costi di gestione” degli importi – circa 150 milioni di euro – incassati proprio come equo compenso per copia privata.
“Chi ci accusa, continua a farlo per ciò che la SIAE era prima” – dice Paoli a Il Sole 24 ore – “noi ora abbiamo cambiato tutto o quasi…stiamo ispirando tutto alla trasparenza. Io ho chiesto trasparenza totale”.
E, a leggere il pezzo su Il sole 24 ore della scorsa settimana vien da credere che sia davvero così.
Si parla di una relazione sulla trasparenza che dovrebbe aiutare a leggere l’ultimo bilancio – quello relativo all’esercizio 2013 – e, addirittura, di un piano anticorruzione, il tutto messo a punto precorrendo l’entrata in vigore della disciplina europea e, dunque, benché non sia ancora obbligatorio.
E poi si snocciolano numeri e cifre che stanno nel bilancio 2013.
Vien da pensare che si è davvero sbagliato tutto, che esista davvero una “nuova SIAE”, che il management si sia lasciato incantare dalla voce del Maestro Paoli e abbia soddisfatto, per davvero, la sua richiesta di “trasparenza totale”.
Ma bastano pochi click per raggiungere via google – difficile trovarla diversamente passando direttamente per il sito della SIAE – la pagina nella quale vengono pubblicati i bilanci della società per scoprire che non solo non c’è ancora traccia della relazione sulla trasparenza e del piano anticorruzione ma che, persino, il bilancio 2013 – ormai approvato da oltre una settimana e mostrato, evidentemente, a Il Sole 24 ore – non è ancora al suo posto.
Mancherà qualche firma, magari proprio quella del Ministro Franceschini quale organo di vigilanza sulla SIAE ma, allora, che senso ha annunciare, di corsa, alla stampa una trasparenza che ancora non c’è?
I numeri annunciati – in attesa di vedere gli altri – peraltro non sono entusiasmanti.
La SIAE, nonostante i risparmi operati, continua a costare più di quanto produce in termini di raccolta e intermediazione dei diritti d’autore: per la precisione costa oltre 27 milioni di euro in più rispetto a quello che produce.
Un autentico campione di efficienza.
Ma non basta perché anche l’utile della SIAE – a leggere l’articolo de Il Sole 24 ore, unica fonte disponibile – nel 2013 è stato di appena 1,6 milioni di euro contro un utile nel passato esercizio di 18,7 milioni: come dire che il 2013, primo esercizio della “nuova gestione” del Maestro Paoli è andato peggio del precedente di oltre 17 milioni di euro.
Sembra una “stecca”, più che un’esibizione da San Remo.
Ancora una volta se il bilancio della società non è stato chiuso con un passivo da brivido ovvero con una cifra negativa di oltre 33 milioni di euro, lo si deve solo ai 35 milioni di euro di ricavi finanziari che la SIAE si garantisce investendo e trattenendo in deposito sui propri conti correnti il fiume di denaro raccolto per conto degli autori ed editori e che, a questi ultimi, andrebbe ripartito il più rapidamente possibile.
Come dire che più la SIAE è lenta nel ripartire, più guadagna: un autentico stimolo a rendere sempre più efficiente la società ed amministrarla davvero nell’interesse degli autori ed editori.
E come farebbe la Società a tenere i conti a galla se ripartisse rapidamente ed in modo efficiente l’incasso da diritto d’autore, inclusi gli oltre 150 milioni di euro che, ora, le ha garantito Dario Franceschini.
Per il Presidente Paoli, gli straordinari proventi finanziari della società, rappresenterebbero “un fatto in qualche modo strutturale”.
Peccato solo che la Direttiva sulle società di intermediazione dei diritti d’autore appena approvata a Bruxelles, dica l’esatto contrario.
Davvero curiosa l’operazione trasparenza lanciata in SIAE: sufficiente appena per dire – senza tema di essere smentiti – che diete o non diete, la Società resta un gigante dai piedi di argilla, tecnicamente inefficiente e che sta in piedi grazie a quanto guadagna gestendo i soldi che dovrebbe ripartire tra gli autori ed editori.