Reddito di Inclusione: disoccupati e beneficiari, possibile espansione.
La Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha formulato una proposta relativa al reddito di inclusione. Estenderlo anche ad altri soggetti che possano beneficiarne. Tra questi, tutti i disoccupati over 55. Ovvero, non solo quelli che hanno perso il lavoro per licenziamento per giusta causa. O per licenziamento collettivo, o ancora per fallimento dell’azienda. Ma anche quelli che si sono dimessi o che sono giunti alla termine di un contratto a tempo determinato. Finora, infatti, il REI era rivolto solo ai soggetti che erano stati licenziati o dimissionari per giusta causa. La possibilità di estendere il reddito di inclusione anche ad altre “categorie” di disoccupati, a prescindere dalla causa di perdita del lavoro, deriva dal possibile decadimento di un altro benefit.
Reddito di inclusione esteso? Ecco perché
L’estensione del reddito di inclusione è stato proposto dalla Commissione Lavoro per una ragione in particolare. La soppressione dell’Asdi a partire dal 2018. Cos’è l’Asdi? Si tratta di un altro tipo di sostegno contro la disoccupazione, di cui si può fare richiesta al termine del sussidio di disoccupazione. La richiesta dell’Asdi non aveva alcun limite di sorta, ovvero tutti i disoccupati over 55 potevano richiederla. Con la sua soppressione a partire dal prossimo anno, verrebbe meno un sostegno economico. Questa privazione, causata dall’arrivo del reddito di inclusione, sarebbe pertanto peggiorativa, proprio perché non include tutti i disoccupati ultra 55enni. Per tale motivo, la Commissione Lavoro ha richiesto la rimozione di un vincolo contenuto nello schema del provvedimento che si discuterà dopo l’estate, al fine di estendere il Rei anche ai soggetti che perderanno l’accesso all’Asdi.
Reddito di inclusione e stato di povertà
Come ormai ben saprete, il reddito di inclusione è un beneficio economico erogato ogni 2 mesi. In un primo momento sarà rivolto solamente ai nuclei familiari con figli minorenni o disabili e donne in stato di gravidanza. Oppure, disoccupati over 55. In base alla disponibilità delle risorse, in una seconda fase il REI dovrebbe essere esteso anche ad altri soggetti che si trovano in stato di povertà. I nuclei familiari che potranno farne richiesta sono quelli il cui ISEE non superi i 6.000 euro annui. E il cui valore del patrimonio immobiliare, che non include l’abitazione principale, non sia superiore a 20 mila euro.
Nonostante gli ultimi proclami apparentemente positivi, gli ultimi dati Istat hanno confermato la stabilità del numero dei soggetti che vertono in stato di povertà assoluta o relativa. Per il presidente delle Acli, Roberto Rossini, “a stare sempre peggio sono le famiglie in cui la persona di riferimento è un under 35”. Da qui un confronto con il governo su alcuni punti di chiave. L’importo del beneficio, il finanziamento dei servizi, strumenti per agevolare la ricerca del lavoro, controllo della misura.
Rossini ha però bene in mente un aspetto del Rei. Questo non deve disincentivare la ricerca di un’occupazione. E con offerte di lavoro i cui stipendi, a volte, sono inferiori all’ammontare del Rei, sarà dura. Ma per il presidente delle Acli, “è necessario intervenire non solo sulle conseguenze, ma anche sulle cause” che hanno portato i soggetti a uno stato di povertà. Anche le Acli, dunque, hanno chiesto un’estensione del Rei. Che riguardi tutti quei soggetti in stato di povertà assoluta.
RIMANI AGGIORNATO: ISCRIVITI AL FORUM DI TERMOMETRO POLITICO A QUESTO LINK