E pace fu. Luis Suarez e Giorgio Chiellini sotterrano l’ascia di guerra e si scambiano tenere parole sul web, dimenticando così il morso rifilato dall’attaccante dell’Uruguay al difensore nostrano.
Il mezzo utilizzato è, come impone il calcio moderno, l’ormai immancabile Twitter, teatro di amori, liti e (come in questo caso) riappacificazioni.
“Dopo alcuni giorni in cui sono rimasto a casa con la mia famiglia, ho avuto modo di riflettere sui fatti e sulla realtà di quanto accaduto durante la partita Italia-Uruguay del 24 giugno 2014.”
Questo è l’incipit della lettera che Suarez pubblica sul social network più amato dai vip, il seguito però è ancora più interessante.
“A prescindere dalle dichiarazioni contraddittorie di questi giorni, tutte effettuate senza voler interferire con la buona riuscita della spedizione della mia Nazionale, quello che è certo è che il mio collega Giorgio Chiellini ha sofferto gli effetti fisici di un morso dopo un contatto con me e pertanto:
–Mi pento profondamente
–Chiedo scusa a Giorgio Chiellini e a tutta la grande famiglia del calcio
–Mi impegno pubblicamente a far sì che non accada mai più un episodio simile con me tra i protagonisti.
Montevideo, 30 giugno 2014”.
Ormai tutti attendo le parole del diretto interessato, e Chiellini decide di rispondere con un messaggio decisamente più breve, ma non meno sentito: “E’ tutto dimenticato. Spero che la FIFA ti riduca la sanzione”.
Come facilmente prevedibile lo scambio tra i due giocatori ha scatenato diverse critiche e discussioni all’interno del mondo del calcio. Da una parte si apprezza la serenità con la quale il difensore della Juventus ha deciso di mettere fine all’annosa questione, senza voler gettare benzina sul fuoco o cercare vendette personali.
Dall’altra però appare per lo meno discutibile la leggerezza con la quale la Federazione uruguaiana (e molti altri personaggi dello sport) abbia trattato il gesto del loro campione, per di più recidivo.
La presenza di ben due precedenti non può passare tanto inosservata: liquidare così un gesto che ha poco a che vedere con l’agonismo sportivo dimostra uno scarso senso dell’etica, parola tanto usata quanto estranea al calcio che vediamo in tv.
Bisogna forse credere che nulla di ciò che accade nel calcio debba più stupirci?
La netta impressione è che il “caso Suarez” sia solo uno dei tanti esempi di una crisi che giorno dopo giorno si fa sempre più acuta. Quando si parla di “calcio moderno” si è soliti scagliarsi contro le famigerate istituzioni dello sport, colpevoli di aver ridotto questo sport a mero business.
Facendo così però si rischia di non notare che la crisi di valori è forte e radicata dentro il rettangolo di gioco: stipendi milionari non sono d’aiuto quando si parla di lealtà, correttezza e professionalità.
Così un gesto vigliacco e da condannare senza esitazioni diventa una sciocchezza da dimenticare in fretta e furia, la vittima minimizza l’accaduto quasi a voler dire che i morsi fanno parte dello sport, vincitori e vinti si scambiano dolci effusioni su Twitter e il calcio prosegue ostinato per la propria strada.