Prezzo petrolio: fase di stabilità, ma il Venezuela non è contento
Gli effetti dell’uragano Harvey non finiscono di farsi sentire negli USA. La tempesta aveva prodotto effetti sia sulla domanda che sull’offerta, perchè aveva colpito sia i pozzi che le raffinerie. Nel primo caso si era avuta una carenza di greggio che aveva spinto i prezzi verso l’alto. Nel secondo invece era stata la domanda a calare, senza raffinerie. E di conseguenza la spinta sul prezzo era stata al ribasso.
Nel complesso alla fine il prezzo sul petrolio è rimasto piuttosto stabile. E’ sui 50 dollari al barile. Nello specifico a 49,82 secondo il Wti del Texas, e a 55,3 secondo il Brent, per cui è anche in perdita di 15 centesimi.
Quello che è certo è che è stato scongiurato lo spauracchio di un nuovo crollo dei prezzi, che aveva cominciato a far sentire i suoi effetti in Borsa
Prezzo petrolio, il Venezuela cerca di staccarsi dal dollaro
Il Venezuela è da molto tempo uno dei maggiori produttori di petrolio. Già negli scorsi mesi il Paese di Maduro aveva temuto un calo dei prezzi, visto che il greggio è l’unica vera entrata del Paese al collasso. Di fatto non vi è produzione di altri beni se non di petrolio. Di cui il Venezuela è il Paese con più riserve al mondo.
Oggi Maduro lancia la sfida agli USA. Dopo le sanzioni del 25 agosto il Venezuela non può incassare i proventi della vendita di petrolio negli Stati Uniti o scambiare azioni della PDVSA. E così ha deciso di sostituire il dollaro con lo Yuan cinese come moneta in cui valutare il proprio greggio.
Si tratta anche più in generale di provare a spezzare l’egemonia del dollaro che è la divisa in cui vengono prezzati i due terzi delle riserve USA.
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