Riforme bloccate, si attendono ancora 511 decreti attuativi
“Se non si fanno le riforme, a casa io e chi frena”, “sulle riforme andremo avanti come un rullo compressore”. Passo svelto, voce sicura e un unico obiettivo. Il Matteo Renzi di governo cominciò inaugurando la stagione degli annunci pontificando sulle riforme mai fatte dai tempi della ricostruzione. Eppure, dopo quattro mesi, il governo sembra essere già indietro: sono 14 i decreti attuativi già scaduti. Si dirà: l’eredità di Monti e Letta è molto pesante. Vero, anzi verissimo.
Secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore quest’oggi, sono 511 i decreti attuativi ancora fermi alla partenza su un totale di circa 900 (50%) emanati dagli ultimi tre governi (Monti, Letta e Renzi in ordine). Sono proprio questi che pesano come un macigno e impediscono una ripresa economica tanto bramata. Eppure, sempre secondo il quotidiano di Confindustria, negli ultimi due mesi c’è stata un’inversione di tendenza: il tasso di attuazione è migliorato, sebbene di pochi decimali (dal 40,7% al 41,5%). Lo stock dei decreti è inoltre aumentato con gli ultimi su lavoro, casa e irpef e ne sono in arrivo altri sulla Pubblica Amministrazione (43 da varare per dare loro attuazione, 17 per il testo sulla Pa, 26 per quello sulla competitività).
Vero è che Renzi si è subito trovato di fronte una situazione drammatica sotto questo aspetto. Prendiamo gli ultimi tre governi. Mario Monti con il suo loden super sobrio: 164 decreti ancora in attesa di cui 69 ormai scaduti (42%). La maggior parte di essi si trova nella parte riguardante la spending review e lo sviluppo. Poi è arrivato Letta: 264 decreti ancora inattuati di cui 108 estinti (41%). Le maggiori carenze sulla legge di stabilità e sul dl “fare”. E infine Matteo Renzi, da Rignano sull’Arno: un solo decreto attuato su 84. Di essi, 14 già scaduti (16%). Certo è che il tempo non è stato lo stesso per tutti. “Il paese ha bisogno di una svolta. E questa potrebbe essere l’occasione per la più grande stagione riformista dopo quella che inaugurarono De Gasperi e Dossetti nel secondo Dopoguerra” (18-05), diceva qualche tempo fa Graziano Delrio. Auguri.
Giacomo Salvini