Fanatismo giudiziario e la casta dei magistrati – DAL BLOG
La riforma del codice antimafia è legge. Numerose sono state le dichiarazioni esultanti ed esaltanti perché, non dimentichiamolo, l’antimafia da noi è un passepartout. Un vestito buono per ogni occasione; un emblema con il quale farsi belli a prescindere. Altro che i professionisti dell’antimafia di cui parlava Sciascia. Qui siamo ormai andati ben oltre. Tuttavia, superiori per qualità se non per numero sono stati i giudizi critici. Personaggi del calibro di Sabino Cassese e Giovanni Maria Flick hanno pronunciato parole dure e persino Cantone, obbligato dal ruolo a mantenersi equilibrato, ha espresso critiche nette.
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Fanatismo giudiziario: l’antimafia non c’entra
Cosa c’è allora di così terribile nel corpus di misure approvato dal Parlamento? Essenzialmente c’è la reiterazione di un’aberrazione giuridica: l’inflizione di una pena sulla base di semplici indizi. Vengono definite misure di prevenzione; ma il danno che sono in grado di procurare ad una persona è tale che corrispondono a vere e proprie pene. Si tratta del sequestro e della confisca preventive per gli indiziati di reati contro la pubblica amministrazione (associazione a delinquere finalizzata a peculato, corruzione e induzione) e per lo stalking. Capite? Lo stalking! Ma che c’entra con l’antimafia?
Questo tipo di misure preventive furono introdotte contro la mafia e costituirono un’eccezione motivata dalla potenza militare, sociale ed economica che si trovavano a combattere. Anche in questo caso ci sarebbe da domandarsi se fosse giustificata l’eccezione alle regole di base dell’ordinamento. Ora non si tratta di questo bensì dell’estensione a ipotesi di reato che non hanno assolutamente la stessa pericolosità né dispongono della stessa potenza organizzata. Tra l’altro sono sempre più numerosi i casi di indagini avviate che si concludono con archiviazioni oppure di processi che finiscono con assoluzioni piene. E, quindi, nemmeno si può eccepire che i magistrati inquirenti non sbagliano un colpo.
Fanatismo giudiziario, inchieste senza scampo
Serve a ben poco che il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione sia stato reso più trasparente, garantito e veloce e che possa avvalersi dell’accesso al Sid, il sistema di interscambio flussi dell’agenzia delle Entrate. Basti pensare ad un’impresa che venga sequestrata al titolare indiziato per corruzione (o addirittura per stalking!) e passata sotto il controllo e l’amministrazione giudiziaria. Quanto potrà durare prima di fallire?
Inoltre, è stabilito espressamente che non si può giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli è frutto di evasione fiscale. Insomma non ci sono vie d’uscita. Se si capita in un’inchiesta insieme ad altre persone e viene avanzata l’ipotesi di corruzione non c’è scampo. Attenzione, in caso di revoca della confisca, la restituzione del bene avviene per equivalente se nel frattempo è stato destinato a finalità di interesse pubblico.
Detto in altre parole, se il malcapitato possiede degli agrumeti (o un’azienda o una villa o altro) e questi vengono sequestrati ed assegnati ad una delle organizzazioni di utilità sociale non potrà riaverli indietro nemmeno se l’inchiesta si rivela una bufala e viene completamente scagionato. Riceverà dopo molto tempo una somma di denaro chissà da chi e, come stabilita, sicuramente inferiore al valore reale dei beni che gli sono stati sottratti. E nemmeno potrà rivalersi contro il magistrato che avrà disposto il sequestro perché, si sa, che i magistrati non rispondono mai di nulla.
Fanatismo giudiziario, conclusioni
Il significato di questo preteso codice antimafia è dunque piuttosto chiaro. Per i politici è una bandierina che potranno sventolare nell’imminente campagna elettorale per rivendicare la genuinità del loro impegno antimafia. Per i magistrati è una conferma del loro strapotere incontrollato. Per i malcapitati indiziati è una disgrazia sia che il processo stabilisca la loro colpevolezza sia che ne stabilisca l’innocenza. Saranno rovinati entrambi. Per la società è una minaccia e per lo Stato una degradante aberrazione.
Se aggiungiamo al quadro i recenti provvedimenti che hanno allungato i tempi di prescrizione abbiamo il quadro di una Repubblica giudiziaria nella quale la politica si è messa da sola sotto scacco. Una casta di sacerdoti che indossano i panni dei magistrati si è elevata al di sopra dei principi dell’ordinamento e della civiltà giuridica.
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