Annunciato da molto tempo, alla fine il nuovo partito di Corrado Passera, ex ministro dello sviluppo nel governo Monti, ex CEO di Banca Intesa e Poste italiane, sta muovendo i suoi primi passi. Dopo la kermesse a Roma del 14 giugno, ha presentato un programma articolato, che si può trovare qui, e che andiamo a vedere nelle sue parti economiche.
I temi economici sono divisi in tre punti:
1) Il recupero di 400 miliardi per lo sviluppo
2) Il taglio delle tasse di 50 miliardi per famiglie e imprese
3) Crescita, impresa e lavoro
Questa divisione è già abbastanza generica e più rivolta a evocare simboli e slogan che per chiarire realmente gli obiettivi, ma guardiamo all’interno:
1) I 400 miliardi sono mobilitabili tramite:
a) 100 miliardi di liquidità alle imprese verrebbero dal ripagamento immediato dei debiti commerciali scaduti della Pubblica Amministrazione applicando anche in Italia il meccanismo già sperimentato in Spagna, ovvero la creazione di una Società veicolo che anticipa il pagamento ai creditori e poi recupera i soldi dall’amministrazione, in parte finanziata da attivi pubblici, in parte recuperando tramite bond risorse dal mercato.
b) 100 miliardi lasciando il TFR in tasca ai lavoratori.
c) 100-200 miliardi potenziando con attivi pubblici la Cassa Depositi e Prestiti, che possa avere poteri analoghi alla tedesca KFW
d) 50 miliardi di fondi strutturali per progetti infrastrutturali
e) 15 miliardi di credito di imposta per progetti di ricerca e innovazione
E’ qui interessante il lato di responsabilizzazione dei cittadini con la gestione in proprio del TFR, in effetti un lascito della concezione paternalista dell’economia della Prima Repubblica, anche se non è ben chiaro come compensare questa mancanza di risorse per le imprese che soprattutto con la crisi vi hanno attinto.
Poi gli “attivi pubblici” sono un concetto abbastanza vago, si tratta evidentemente degli asset come le famose caserme tirate fuori in ogni discorso di questo tipo, i palazzi pubblici, tutte le proprietà dello Stato e presumiamo le partecipazioni da alienare, certamente vi è da die che ideologicamente Passera e la sua compagine hanno meno remore di altre forze per realizzare tali vendite e privatizzazioni, e quindi risultano più credibili in queste intenzione. In ogni caso vi ritornano anche negli altri capitoli.
2) La riduzione delle imposte dovrebbe consistere in:
a) 24 miliardi di euro in meno per le imprese con il dimezzamento dell’IRES, l’abbattimento del 30% dell’IRAP per i privati, la riduzione dei contributi INPS al 21% (da circa il 28% attuale) per un miione di autonomi e parasubordinati.
b) 20 miliardi a sostegno delle famiglie, con l’innalzamento della No Tax Area per i nuclei famigliari con reddito inferiore ai 100.000 € in funzione dei famigliari a carico: tra 5000 e 8000 euro aggiuntivi per ogni figlio minorenne e per ogni altro famigliare non autosufficiente a carico
Posto che per Italia Unica il calo del debito e delle imposte dovrebbe risultare prioritariamente da un aumento del PIL, comunque il taglio di 50 miliardi di tasse dovrebbe essere ottenuto tramite:
a) una riduzione tra il 5 e il 10% dei circa 500 miliardi di spesa pubblica non pensionistica,
b) l’applicazione rigorosa dei costi standard, per la sanità ma non solo
c) l’eliminazione di contributi regionali a fondo perduto e altre forme di incentivazione più o meno a pioggia (15-20 miliardi)
d) la razionalizzazione di molte spese “replicate”
e) la chiusura di enti inutili, da disboscamento incarichi, ecc
f) efficientamento e responsabilizzazione delle autorità preposte alla raccolta delle imposte
g) aggiornamento veloce del catasto per poter eliminare l’IMU sulla prima casa, grazie alle rivalutaioni di altre proprietà
h) valorizzazione delle concessioni come quelle balneari
Chiaramente una parte di questi 50 miliardi deve essere recuperata con una lotta all’evasione, al cui scopo per Passera è indispensabile:
a) alleggerire le procedure e gli adempimenti ma anche punire più efficacemente e severamente chi abusa della fiducia, quindi una sburocratizzazione degli accertamenti e del pagamento delle imposte, ma pene molto più dure per colpire l’evasore, all’americana
b) un’aliquota fiscale agevolata alle “imprese tutte trasparenti” (che operano solo attraverso pagamenti e fatturazioni elettroniche), e la restituzione ai privati cittadini una parte dell’IVA versata con acquisti effettuati tramite pagamento elettronico (abbattendo al massimo i costi di commissione)
c) più “conflitto di convenienze” per i cittadini, attraverso la possibilità di detrarre talune prestazioni fino ad un massimo di 5000 euro annui per famiglia
Viene poi ripreso e approfondito il discorso dell’utilizzo e la valorizzazione degli asset pubblici, evidentemente anche in virtù di un risparmio nelle spese correnti, in spese correnti di gestione e interessi sul debito stesso che verrebbe abbattutto:
a) Utilizzo del patrimonio, anche senza dismissioni, come garanzia per la Cassa Depositi e Prestiti, valorizzazione di singole categorie di beni, senza svenderli,
apportandoli a uno o più fondi che ne incrementino il valore attraverso progetti di sviluppo immobiliare concordati con le amministrazioni Locali, come nel caso delle caserme nelle città
b) Privatizzazione di tutte le partecipazioni attualmente detenute dalle Amministrazioni Centrali, con esclusione, eventualmente, delle reti essenziali, e vendite delle miriade di aziende municipalizzate locali, mossa vista come fondamentale per distinguere i ruoli tra la politica – che fa le regole – e il mercato, che le deve rispettare
Qui vi è maggiore chiarezza di visione, ma anche maggiore ambizione. Se da un lato ci sono accenti simili a quelli della proposta di iniziativa popolare del NCD sulla No Tax Area e l’importanza della famiglia, si va però anche più in dettaglio, soprattutto per la lotta all’evasione e sull’utilizzo del patrimonio pubblico le proposte sono più coraggiose sfidando la diffidenza verso il pagamento elettronico, e l’impopolarità delle privatizzazioni dei servizi locali, dopo il referendum del 2011. Anche riferendoci alla diminuzione delle spese e ai costi standard, si tratta di misure molto diverse, tutte nella giusta direzione, che però necessitano di essere implementate contemporaneamente per generare quei 50 miliardi che si vogliono tagliare, ed è certamente un’impresa non facile trattandosi spesso di esiti non controllabili da un governo come la diminuzione dell’evasione, o la risposta di tutti gli enti alle riforme di efficientamento dei vari e diversi enti della Pubblica Amministrazione, quindi mentre le uscite come gli sgravi fiscali sono, una volta determinati, certe, i risparmi per coprirle potrebbero non esserlo.
3) Le riforme riguardanti crescita, imprese e lavoro si allargano a molte direzioni:
a) Innovazione: si propone la agevolazione alla nascita e crescita di startup, con un fondo di fondi di almeno un miliardo, l’aumento del credito di imposta per il “ritorno dei cervelli”, l’utilizzo di fondi strutturali europei per altri crediti di imposta per la ricerca e lo sviuppo, ricerca che dovrà essere anche assistita in modo più mirato, con la selezione solo delle università e dei centri di eccellenza, generando concorrenza.
b) Un nuovo mercato del lavoro mirato alla produttività: un aumento della durata, dei limiti e dell’applicabilità dell’apprendistato, una accelerazione del ricambio mandando in pensione che avesse 41 anni di contribuzione, una premialità degli aumenti di produttività dei dipendenti. Un punto importante è una liberalizzazione del demansionamento e la sostituzione completa del reintegro in caso di licenziamento per motivazione economica oggettiva, con un indennizzo. E poi un sistema di ricollocamento con l’utilizzo di strutture private che ci avvicini agli standard europei.
c) Le esportazioni come drivers: concentrazione nell’ICE delle risorse promozionali dell’Italia all’estero, di nuovo la CDP che dovrebbe essere anche una “export bank”, e così una creazion di una task force per l'”export facilitation” nei ministeri interessati.
c) Accelerazione delle infrastrutture, sia quelle già finanziate e/o approvate dal CIPE, sia quelle che si potrebbero finanziare con bond appositi, il coinvolgimento dei privati, la defiscalizzazione, in particolare i corridoi europei e gli aeroporti ritenuti di prioritaria strategia europea. Sul trasporto pubblico IU propone di liberalizzare i servizi chiamando operatori anche dall’estero, accorpare piccole aziende di trasporto inefficienti, anche disinvestendo servizi privatizzabili come l’alta velocità
d) Abbattimento dei costi energetici, con una piena integrazione delle reti con l’Europa, l’eliminazione dei colli di bottiglia, e una maggiore liberalizzazione per esempio nella distribuzione del carburante
e) Riduzione del costo del credito, ancora con l’utilio della CDP per finanziare in modo capillare anche piccole imprese
f) Semplificazione della regolamentazione per le imprese, per esempio nel caso del SISTRI per quelle piccole, e creando sezioni dei tribunali solo per la giustizia commerciale
g) Liberalizzazioni, impedendo la regolamentazione eccessiva degli ordini professionali, o, come già affermato in precedenza, razionalizzando le aziende pubbliche locali e prevedendo gare per ogni affidamento, che non sia più diretto.
Nel complesso anche per questo ultimo capitolo vi sono passaggi particolarmente innovativi, come l’avanti tutta sulle infrastrutture anche in tempi di No TAV, addirittura con progetti di privatizzazione, ma destano perplessità per una forza supposta forza liberale proposte su un parziale passo indietro sulle pensioni, con la motivazione del ricambio generazionale, e la creazione di varie agenzie, task force ecc che in realtà coinvolgono ancora in modo pesante lo Stato.
Forse quel che si deve sottolineare sono le assenze: a differenza della proposta del Nuovo Centrodestra pare mancare un accenno suna rimodulazione dei servizi con una maggiore responsabilizzazione dei cittadini e dei corpi intermedi della società, con diversi parametri per ticket per le pestazioni soprattutto per sanità e istruzione, da compensare con sgravi fiscali. Inoltre la parte sulle liberalizzazioni è veramente molto scarna rispetto ad altre, sulle liberalizzazioni nel campo delle professioni per esempio. Timidissimo su eventuali interventi sulle pensioni retributive già in essere.
Certamente Passera ha ben presente il tipo di Paese in cui si trova, uno di quelli a minor tasso di liberalismo, e quindi comprensibilmente dosa coraggiose proposte di rottura rispetto a tabu italici (abolizione dell’articolo 18 per esempio) a ritrosie e ripetizioni di formule belle da leggere ma di dubbiosa utilità e concretizzazione(le solite citazioni della ricerca e dell’eccellenza).
Di sicuro ha un asset che potrebbe sfruttare, ovvero essere l’unico partito opposto alla sinistra renziana che non riesce a superare le vecchie appartenenze e riflessi ideologici (sulle pensioni, sull’agire sempre e solo sulla domanda più che sull’offerta), che si possa definire nuovo e non compromesso nè con il berlusconismo nè con un credito al PD che altri hanno dato.