Legge elettorale: è meglio che niente – DAL BLOG
A questo punto si può dare per certo che la legge conosciuta come Rosatellum sarà la nuova legge elettorale; quella con la quale andremo a votare tra pochi mesi. Il tormentone italiano sui sistemi elettorali giunge ad una nuova tappa. E non è detto che sia quella conclusiva. Dopo aver conosciuto la legge elettorale rottamata prima ancora dell’uso (Italicum) può darsi che avremo una legge elettorale “usa e getta” che funzionerà per la prossima tornata elettorale e poi sarà sostituita da un’altra. È questa una stranezza tutta italiana. Tutti i Paesi della nostra stessa area del mondo hanno leggi elettorali in servizio da molti anni e a nessuno passerebbe per la testa che la maggioranza politica del momento debba confezionarsi una propria legge elettorale.
Legge elettorale: i partiti non propongono di meglio
Da noi accade ed è una delle manifestazioni della debolezza della politica. I partiti non osano proporre ciò che è meglio, ma si costringono a ricercare ciò che a ognuno di loro conviene di volta in volta. Non a caso molti hanno tirato un sospiro di sollievo quando è stato chiaro che l’Italicum sarebbe stato abbandonato. Concepito in un momento in cui sembrava ci potesse essere una competizione tra destra e sinistra è diventato rischioso quando il M5S è diventato il partito accreditato del maggior numero di consensi.
Di sicuro il meglio non è rappresentato dalla nuova legge elettorale. Chi scrive è convinto da anni che il meglio sia un sistema uninominale a doppio turno, ma, pur presente nei discorsi e nelle proposte, non riscuote i necessari consensi tra le forze politiche. La forza d’inerzia spinge l’Italia sempre verso il proporzionale e un merito della legge che useremo tra pochi mesi è quello di contrastare questa inerzia (in verità in modo blando). Secondo alcuni calcoli del professor D’Alimonte anche la nuova legge elettorale non risolve il problema della governabilità.
Legge elettorale: nessuna maggioranza
Sembra che per avere la maggioranza certa una lista debba raggiungere il 50% dei voti nella parte proporzionale e il 70% nel maggioritario. Cioè, in pratica, nessuno avrà la maggioranza grazie al voto degli elettori. Inutile proclamare che mai si faranno alleanze con questo e con quello perché con i risultati in mano o si scenderà a compromessi o si dovrà tornare a votare. Qualcuno potrebbe dire “ma perché ce l’hai tanto con il proporzionale?”. Nessuna ostilità particolare, ma il proporzionale l’abbiamo sperimentato per alcuni decenni ed è stato il modo con cui il sistema dei partiti è potuto degenerare senza che fossero chiare le responsabilità di ognuno. Tanto è vero che dal 1992 al 1994 i vecchi partiti sono stati travolti dall’onda di Tangentopoli ed è emerso un soggetto politico nuovo guidato da un imprenditore di successo, Silvio Berlusconi. Ormai è storia, ma allora fu un rivolgimento epocale.
Legge Elettorale: gli interessi dei partiti
Ma torniamo all’oggi. La legge elettorale nasce da un accordo tra la maggioranza e una parte rilevante dell’opposizione. Un’altra parte si è opposta aspramente con toni esasperati. Si è detto che è una legge che vuole colpire il M5S perché questo rifiuta le alleanze e che mina la democrazia perché è stata approvata con la fiducia. Torna dunque la vecchia solfa della legge elettorale che deve cucirsi addosso agli interessi di ogni forza politica, ai suoi vezzi e alle sue idiosincrasie. Il M5S non vuole allearsi? Affari suoi.
E poi: la fiducia è la morte della democrazia e la mortificazione del Parlamento? E perché mai? La fiducia è pienamente legittima e il Parlamento viene mortificato quando ci sono forze politiche che vogliono impedire le decisioni. Una legge elettorale ci voleva e di tempo non ce n’era più. Di qui la forzatura per costringere ad una decisione. L’accordo c’era. Che bisognava fare? Discutere fino alla fine e poi votare con i pezzi di legge lasciati in piedi dalla Corte Costituzionale? Ma per favore …. meno chiacchiere e meno sceneggiate e guardiamo la sostanza delle cose.
Legge elettorale: Parlamento di nominati?
Una questione a parte è quella dei “nominati”. Si dice che anche con questa legge il Parlamento sarà composto di nominati. Ormai la parola “nominati” è di moda ed un politico che vuole ben apparire la deve pronunciare con aria compunta. E quale sarebbe l’alternativa? Le preferenze? Bisogna proprio ricordare che l’esperienza fatta per decenni ha dimostrato che il diritto di scelta basato sulle preferenze si traduce quasi sempre in uno scambio tra voti e favori? Anche qui ci vuole il coraggio di dire che è difficile che i cittadini possano scegliere i propri rappresentanti senza passare dalla mediazione di un partito che decide chi mettere in lista.
E dunque alla fine i cittadini si troveranno sempre di fronte a candidati che rappresentano innanzitutto un partito. A quel punto è ovvio che è molto meglio affidarsi alla selezione operata da un partito piuttosto che alle promesse di un tizio conosciuto in campagna elettorale. Se il partito sbaglia ha molto più da perdere di un singolo signor nessuno.
Quindi tutto sommato si può dire che questa legge elettorale è meglio che niente. E con questo Parlamento è già molto.