Lega: via il ‘Nord’ dal simbolo, le metamorfosi leghiste
Lega: via il ‘Nord’ dal simbolo, le metamorfosi leghiste
Arriva scortato dal suo autista, con l’aria sconsolata di chi sa che i tempi del “sogno padano” sono andati. Nessun cenno ai giornalisti, accorsi nella sede leghista di Via Bellerio. Nessuna dichiarazione rilasciata. Umberto Bossi, nel pomeriggio di venerdì, partecipa alla riunione del Consiglio federale del Carroccio. L’occasione è quella prescelta per tirare le somme dei due referendum svoltisi in Lombardia e Veneto lo scorso weekend. Consultazioni, quelle nelle due regioni, entrambe un trionfo per la causa autonomista. Ed è Matteo Salvini, il segretario leghista in pectore, a chiudere il discorso sull’autonomia veneta e lombarda: “Se ne occuperanno Zaia e Maroni; la Lega resta fuori”.
Il leader leghista si sveste quindi degli abiti autonomisti, della felpa lombardo-veneta, derubricando come una questione regionale il problema dei referendum. Il leader della Lega, “il capitano”, si lancia ora nella sfida nazionale. E lo fa, annunciando una novità che sarebbe storica, almeno per l’immagine del movimento. “Nel Consiglio federale siamo tutti allineati su un simbolo elettorale unico per tutta Italia; senza Nord”. La notizia è un fulmine a ciel sereno per la minoranza “padanista” del movimento. Umberto Bossi, l’uomo dell’ampolla contenente l’acqua “sacra” del Po, non ci sta. Il vecchio leader però non parla. Al suo posto, a parlare è Gianni Fava, l’outsider sconfitto proprio da Salvini allo scorso Congresso federale dello scorso maggio. “Io sicuramente non sono d’accordo per quanto ne so; nemmeno Umberto Bossi lo è. La Lega è nata e resta il sindacato del Nord; non mi vergogno della mia storia”.
La frattura interna è evidente, ed era latente da tempo. Tuttavia, le redini del movimento sono saldamente di Matteo Salvini che si prepara dunque a varare il passaggio a quella che i cronisti avevano chiamato da tempo “Lega nazionale”. Una versione nostrana del Front National, dunque, mettendo da una parte le radici etno-regionaliste.
Lega: Le metamorfosi leghiste: dagli insulti al meridione a “Noi con Salvini”
Sembra lontanissimo il tempo delle folle di Pontida acclamanti l’indipendenza della Padania, il “Dio dei popoli del Nord”. E vengono messe in un cassetto anche le ampolle con cui Bossi usava raccogliere l’acqua del “sacro fiume” da Pian del Re, alle sorgenti del Monviso.
Matteo Salvini, togliendo la parola “Nord” dal simbolo, concretizza ancora di più quella trasformazione che aveva preparato ancora tempo fa con la nascita delle liste per il meridione di “Noi con Salvini”. Non che fossero state un successo, queste ultime, con risultati, come alle scorse amministrative a Palermo, ben poco eclatanti. Ismaele La Vardera, candidato sindaco per la lista del ticket Meloni-Noi con Salvini, raccoglieva infatti un magro 2,59% (7043 voti, in totale).
Una mezza debacle, un progetto scaduto pure nella farsa. Infatti, durante l’intera campagna elettorale, La Vardera, ex collaboratore del programma Le Iene, si era fatto accompagnare da un cameraman al fine di documentare ogni singolo momento della campagna. Il tutto, per al fine di creare un cortometraggio per “rendere la politica trasparente”. Peccato, che il politico in quel caso fosse lui stesso. Un piccolo “Truman Show”, come l’anno definito in molti, che non ha sicuramente giovato alla già non felice reputazione della Lega al Sud.
Le metamorfosi leghiate: gli ultimi dati del Carroccio
Matteo Salvini, a discapito dei detrattori interni, sembra però lanciato e la Lega, a livello nazionale rimane a percentuali elevate. Nell’ultimo sondaggio pubblicato da Termometro Politico, il Carroccio si attesta al 14,3%, saldamente primo partito nel campo del centrodestra. Dal punto di vista della fiducia nei leader, Matteo Salvini non gode a livello nazionale di largo consenso, probabilmente per le sue posizioni altamente divisive per l’elettorato.
Nonostante tutto, secondo il sondaggio dello scorso 2 ottobre promosso dall’Istituto Piepoli, Salvini sarebbe al 24% in termini di apprezzamento. Molto al di sotto di Sergio Mattarella e Paolo Gentiloni (rispettivamente al 58% e al 48%), ma sicuramente il leader più seguito in centrodestra carente di alternative. Il suo competitore principale, il redivivo Berlusconi, si ferma infatti al 19%.