Rinnovo contratto statali: aumento non è svolta, Anief scontento.
Sul tema rinnovo contratto statali, da un lato fanno notizia le dichiarazioni del governo, dall’altro infuria la battaglia da parte dei sindacati. Con Anief in prima linea, a difendere il comparto scuola. Il presidente del giovane sindacato, Marcello Pacifico, non si è mai risparmiato nel criticare il nuovo contratto per il pubblico impiego. Soffermandosi spesso e volentieri su un aumento stipendio giudicato poco dignitoso, certamente un contentino e non una svolta come propagandato dalla rappresentanza governativa. Nel frattempo, un’interessante analisi del Sole24Ore riporta come proprio il mondo scuola abbia sofferto di più per le misure anti-crisi.
Rinnovo contratto statali e scuola: Anief protesta
L’8 novembre sarà il giorno in cui Aran e rappresentanti sindacali si incontreranno per aprire le trattative sul nuovo contratto per il pubblico impiego. Tuttavia, al momento Anief continua la sua protesta contro l’aumento stipendio deciso dal governo, che Pacifico considera un semplice “contentino”. Per il numero 1 del giovane sindacato, infatti, servirebbe un rinnovo del contratto con più risorse. Ovvero, che investa di più per far recuperare al personale scolastico soldi e tempo perso negli ultimi anni a causa del blocco contrattuale.
Contratto della svolta? No, un “contentino”. Così Pacifico sul rinnovo contratto statali. “Visto che le trattative che si stanno avviando possono contare su risorse a dir poco inadeguate”. Il riferimento è ovviamente all’incontro dell’8 novembre, con l’invito ai sindacati di non sedersi a un tavolo delle trattative già perso in partenza. Anche se l’8 novembre, invero, non si parlerà ancora di scuola. Pacifico snocciola cifre e, dati alla mano, i conti sono chiari. “Nella Legge di Bilancio 2018 i finanziamenti si fermano a 2 miliardi e 850 milioni di euro ai rinnovi, per il triennio 2016-2018. Sono talmente pochi che solo per il settore Scuola sarebbero necessari altri 2,3 miliardi di euro”.
Rinnovo contratto statali: è la scuola ad aver pagato di più
Un’interessante analisi a cura di Gianni Trovati sul Sole24Ore informa come il conto più salato della crisi lo abbia pagato proprio la scuola. “Dal 2010 lo stipendio medio reale nella scuola ha perso il 12,4% del proprio potere d’acquisto. E quello dei tecnici dell’università ha lasciato per strada l’11,8%”. Discorso diverso per le Autorità Indipendenti, dove la busta paga ha registrato una crescita del 7,6%. Incremento simile negli enti pubblici (leggasi Cnel, ma non solo).
Nonostante gli ingenti investimenti sul rinnovo del contratto del pubblico impiego, l’analisi si sofferma su alcuni punti ancora oscuri. “Il rinnovo deve chiudere una sorta di era glaciale, che oltre ai contratti nazionali ha bloccato gli stipendi individuali. E limitato al minimo i rinnovi degli organici”. Un congelamento che ha avuto conseguenze differenti in ogni settore toccato. Ad esempio, “Scuola, Regioni, enti locali, ministeri, sanità ed enti di ricerca hanno pagato alla crisi un prezzo più o meno pesante”. Meglio è andata alle aree più piccole.
Ma il conto più caro è stato pagato dalla scuola, che peraltro è “il settore di gran lunga più numeroso all’interno della pubblica amministrazione”. Un tema bollente di stretta attualità è il pesante incremento salariale ai dirigenti scolastici, con aumenti fino a 400 euro netti entro il 2020. Alla luce di queste cifre, è naturale che gli insegnanti storcano un po’ il naso. La stessa associazione Professione Insegnante si è soffermata recentemente sulle “briciole” lasciate ai docenti, a fronte del maxi-aumento riservato ai presidi.