Al banco di prova la democrazia tunisina: un possibile golpe “dolce” da parte del Presidente

Pubblicato il 30 Aprile 2021 alle 17:03 Autore: Seif Eddine Braiek

Quello che per molti è il solo successo della primavera araba e l’unica democrazia del mondo arabo, si trova ad affrontare una dura prova del suo ancoraggio. La Tunisia post rivoluzione ha già conosciuto momenti di crisi e di debolezze, ma mai si era arrivati ad una situazione come quella che sta attraversando da alcuni mesi.

Alla già precaria situazione economica, si aggiunge uno scontro politico-istituzionale tra Presidenza e partiti filo presidenziali da una parte, Governo e Parlamento dall’altra. Le premesse di tale crisi, pare si siano venuti a creare con la deriva autoritaria che si sta tentando di intraprendere, da parte del Presidente Kais Saied. Il Rais è accusato di un colpo di stato soft. Mentre il premier Hichem Mechichi continua a ribadire la necessità di preservare i valori democratici della Rivoluzione dei gelsomini.

crisi in Tunisia

Il presidente del Parlamento, Ghannouchi (a sinistra) e il Premier Mechichi

La situazione generale

Il quadro politico presente oggigiorno in Tunisia, è frutto delle elezioni del 2019:

Presidenziali: per la guida del paese i tunisini hanno scelto una figura esterna alla sfera politica. Con una campagna elettorale sovente definita populista, Saied passa al ballottaggio con in 18,4% (insieme al Karoui, all’epoca sotto arresto per evasione, con il 15,6%), e vince il secondo turno con il 72,7%.

Parlamentari: si rivela nuovamente egemone il partito di ispirazione islamista Ennahdha, che guadagna un quinto dei voti. A seguire il partito secolare di centro sinistra Qalb Tounes (di Karoui), CD (sinistra nazionalista) e Al Karama (destra e islamista).

Nel parlamento si è creato un fronte trasversale che raccoglie Ennahdha, Qalb Tounes e Al Karama.

La crisi in Tunisia

A scapito di una campagna elettorale portata avanti con slogan rivoluzionari e di carattere identitario (difatti al ballottaggio ha avuto endorsement da Ennahdha e Al Karama) Saied, una volta divenuto inquilino di Ksar Carthage, ha avuto tendenze opposte. A suggellare questa sua inclinazione è stata la sua visita all’omologo egiziano Al Sisi, durante la quale espresse piena concordanza con le sue visioni politiche e la volontà di appoggiarlo in tutte le questioni internazionali.

Seppure i segnali d’allarme si siano percepiti sin da subito, come i suoi inviti al Palazzo Presidenziale delle sole forze di opposizione, i suoi discorsi di stampo militare, dove lancia continue accuse ai suoi contestatori, e il suo rifiuto al dialogo con i partiti di maggioranza. A ciò si aggiunge l’avvicinamento all’asse controrivoluzionario del mondo arabo costituito da Egitto ed Emirati Arabi (a febbraio scoppiò uno scandalo a seguito della scoperta di un lotto di vaccini anticovid arrivato dagli Emirati alla Presidenza senza passare per i canali ufficiali). Una la crisi, propriamente detta, scatta sul finire dell’anno scorso. Quando, a seguito di un rimpasto di governo passato con 140 voti favorevoli su 183, si è rifiutato di convocare i nuovi ministri per il passaggio obbligatorio del giuramento. Ancora oggi la Tunisia si trova con un Governo ridimensionato basato sui mandati per delega.

Altre mosse di Saied nello scacchiere della crisi

Un altro elemento che incrina la situazione riguarda la Corte Costituzionale: dopo un percorso tortuoso di alcuni anni, il 25 marzo scorso si è raggiunta l’approvazione parlamentare della legge che istituisce la più alta istituzione giudiziaria (111 sì, 8 astenuti, 0 no) e che andrà a sostituire l’attuale corte provvisoria e limitata nei poteri. Tuttavia, il Presidente Saied ha rifiutato la promulgazione ed ha annunciato la sua intenzione di non firmare anche nel caso di seconda approvazione con la maggioranza dei due terzi. A tal punto il parlamento ha deciso di posticipare la relativa seduta, inizialmente prevista per l’8 aprile, per il timore in incorrere in un’impasse costituzionale.

crisi in Tunisia

Tra i principali motivi di insoddisfacimento dell’operato di Saied, vi è l’incapacità di “riunire”. Dati di Tunisia Survey

La crisi in Tunisia, coinvolge anche il potere giudiziario. Dopo che il deputato indipendente, e giornalista, Rached Khiari ha divulgato alcune registrazioni e documenti che mostrerebbero l’esistenza di un piano golpista – nella presunta “congiura” sarebbero coinvolti oltre al Presidente con la sua cerchia personale, la CD e altri partiti di estrema sinistra, e funzionari diplomatici stranieri – ai danni del parlamento (in particolare al suo presidente Ghannouchi) e del sistema democratico tunisino nel complesso, il deputato Khiari, nonostante abbia già avviato un caso giudiziario sulla questione, viene convocato e accusato dal Tribunale Militare con varie gravi accuse. Tuttavia, dopo la pressione popolare e un comunicato urgente del Consiglio Esecutivo del Parlamento, il caso viene lasciato al tribunale civile.

L’ultima, in termini cronologici, minaccia arriva durante la celebrazione del 65° anniversario delle forze di sicurezza tunisine. Nella quale il Presidente afferma di essere “il comandante supremo delle forze armate militari (previsto da Costituzione, ndr)” ma “anche di quelle civili. Che la questione sia chiara a tutti i tunisini.”