Stabilità finanziaria o crescita? Le banche centrali a un bivio importante
I mercati finanziari hanno superato il giovedì di fuoco senza eccessivi scossoni: grazie alle notizie provenienti da entrambi i lati dell’Atlantico, le borse hanno segnato nella giornata di giovedì una bella corsa al rialzo che ha riportato gli indici nei pressi dei massimi (assoluti o relativi).
Mario Draghi ha rilasciato nuovi dettagli sul suo “piano di stimolo” dell’inflazione, che hanno reso più chiare le idee agli investitori e hanno contribuito a riportare l’euro sotto quota 1,36. La novità più interessante riguarda il cambio di programma relativo alle riunioni del consiglio per la politica monetaria: in futuro le riunioni non si terranno più ogni primo giovedì del mese, bensì ogni sei settimane, come la Fed. In questo modo Francoforte desidera raffreddare gli umori degli investitori che, con incontri mensili, sembrano sentire una certa “ansia” perché la BCE agisca in qualche modo.
Negli USA il mercato del lavoro ha segnato un aumento molto importante nelle buste paga nei settori non agricoli: il tasso di disoccupazione continua a puntare al ribasso, anche se più lentamente rispetto al grafico (rovesciato) relativo al tasso di occupazione, in rialzo ma sempre vicino al minimo degli ultimi anni. Il motivo risiede nel fatto che i posti di lavoro creati sono sempre più quelli a tempo parziale, e molte persone risultano essere in qualche modo sottoccupate. Gli impieghi full-time, intanto, continuano a segnare una certa depressione.
Gli occhi sono ora puntati sulla crescita nel secondo trimestre, che dovrebbero essere più freddi delle aspettative, anche se non rigidi come il tracollo del primo trimestre del 2014. Ciò dovrebbe spingere le banche centrali a continuare sulla strada del denaro facile (non necessariamente attraverso QE, ma solo con tassi bassi), privilegiando così la crescita alla stabilità finanziaria. Resta in essere il rischio di creazione ed esplosione di bolle per via del fiume di denaro che comunque continua a circolare per il globo, e bisognerà sperare che le contromisure e i cordoni di sicurezza siano sufficientemente solidi a contenere eventuali deflagrazioni. Bisogna inoltre continuare a tenere d’occhio la situazione in territori caldi come l’Est Europa e soprattutto il Medio Oriente, poiché potrebbero innescare shock importanti che rischiano di destabilizzare un’economia globale già piuttosto fragile.
Passiamo all’agenda macroeconomomica, che si è aperta lunedì con la forte frenata della produzione industriale tedesca: invece di un leggero aumento, il dato ha registrato una caduta su base mensile dell’1,8 per cento.
Martedì si attende il rilascio della bilancia commerciare tedesca, che dovrebbe risultare ancora una volta in pesante attivo e superare ancor di più le soglie imposte dai trattati relativi alla stabilità dell’area europea. Ci si aspetta che la Germania resti ancora una volta inadempiente, e che l’Europa continui a non vedere tale squilibrio nei conti.
Mercoledì si attende l’inflazione cinese, il cui consenso prevede stabilità intorno al 2,5 per cento annuo, mentre alla sera (europea) le Fed rilascerà i verbali dell’ultimo FOMC, che renderà note le indicazioni sulla politica monetaria dei vari commissari.
Giovedì la produzione italiana dovrebbe continuare a viaggiare in territorio positivo, con una crescita mensile dello 0,2 per cento. Interessante lettura sarà anche il bollettino mensile rilasciato dalla BCE.
Venerdì l’indice dei prezzi al consumo dovrebbe confermare una crescita di appena l’1 per cento del costo della vita per i cittadini tedeschi.