Durante le ultime campagne elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo abbiamo visto quell’Europa “moderata e responsabile” concentrarsi nell’arginare e combattere il fenomeno dilagante dell’euroscetticismo. Questi sforzi non sono comunque stati sufficienti se consideriamo i risultati di fine maggio 2014, i quali hanno disegnato un quadro politico complesso e variegato per un’ Europa che sta affrontando diverse prove del nove. In questa difficile situazione di nomine e costruzione di alleanze sono molti a rimanere fuori, alimentando quel pensiero che la battaglia ai partiti euroscettici non sia affatto terminata.
Di fatto, tutte le candidature dei deputati europei del Movimento 5 Stelle e del gruppo euroscettico Efdd (Freedom and Direct Democracy) – con presidente l’inglese Nigel Farage – per le cariche nelle Commissioni del Parlamento Ue sono state bocciate nel corso delle riunioni costitutive. Una nuova battaglia tra vecchia e nuova Europa: la grande coalizione Ppe-S&D-Alde ha bloccato la candidatura di Eleonora Evi alla presidenza della Commissione Petizioni, mentre lo stop alle vicepresidenze è arrivato anche per Marco Affronte (pesca), Giulia Moi (agricoltura) e Dario Tamburrano (industria). Il gruppo di Farage avrebbe dovuto avere almeno una carica secondo le regole della distribuzione dei seggi con il metodo D’Hondt, ma le forze politiche hanno scelto di serrare le file contro gli euroscettici, affidando tali compiti ai rappresentanti di altri partiti. A nulla è servita la condanna e il supporto dei Verdi, i quali, in previsione della situazione, si erano espressi in modo chiaro e netto, definendo l’esclusione del M5S come “un grave colpo per la democrazia”. Delusissimi, i 5 Stelle non hanno tardato nel fargli eco con altre e altisonanti parole di denuncia: “Si è consumato l’omicidio della democrazia”, scrivono in una nota, “il cordone sanitario messo in atto dalle larghe intese continentali ha ucciso ogni prassi istituzionale”.
Forti polemiche arrivano subito anche da Ignazio Corrao, capogruppo del M5S: “Dobbiamo chiamarlo metodo don’t, ossia negazione, di proposito. Il modo in cui concepiscono la democrazia e la partecipazione i vertici dei popolari, dei socialdemocratici e i liberali è buffa, quasi ridicola. E la negazione indica il modo arrogante in cui precludono la partecipazione democratica a chi non si allinea a loro. Questi sono mille volte peggio dei partiti italiani, che almeno rispettano parzialmente i risultati elettorali e consentono la partecipazione alla vita democratica. E’ evidente che qui a Bruxelles, nel 2014, sarebbero necessarie delle basiche lezioni di rispetto delle minoranze e dei pensieri difformi”.
Con un’appena trascorsa campagna elettorale nella quale si era tenuto a sottolineare l’importanza di dare maggiore voce alle minoranze e garantire una rappresentanza più equa ed efficace all’interno dell’Europa a 28, i grillini a questo punto si domandano che fine abbiano fatto ora quegli onorevoli intenti. A tacciare di anti-democraticità “i fanatici federalisti” c’è anche l’uomo forte dello Ukip, un Nigel Farage colpito tanto quanto gli euroscettici italiani del M5S dall’esclusione nelle Commissioni. Questo il suo commento: “I gruppi europeisti hanno di nuovo dimostrato la loro paura verso le democrazia, il loro odio per il punto di vista delle minoranze e il loro rigetto della trasparenza. I federalisti europei sono una vergogna, ma il pubblico dovrà realizzare che i loro punti di vista e i loro sporchi accordi sono emblematici per il Parlamento europeo“.
Giulia Angeletti