Doveva essere un giorno magico. Doveva essere il giorno che avrebbe condotto alla finale della Coppa del Mondo. Si è chiuso con le lacrime e i disordini in strada. Il Brasile ha perso 7-1 contro la Germania. Il sogno è finito e il Brasile si è risvegliato. Bruscamente.
È solo calcio, vero. È solo sport. Eppure la domanda c’è: che conseguenze avrà la sconfitta di ieri? Il New York Times non esclude che possano essere pesanti. Per settimane il mondiale di calcio ha come anestetizzato l’ondata di proteste che s’era abbattuta sulla Confederations Cup dell’anno scorso e che prometteva di ripetersi questa estate. Ha sedato la collera, ha messo in secondo piano quel sentimento diffuso di ingiustizia sociale in un paese con pochi ricchi e tanti poveri.
Ora che la nazionale brasiliana ha visto sfumare il sogno della coppa, quella rabbia potrebbe tornare. In molti sono sempre stati convinti che i miliardi spesi per progettare i nuovi stadi avrebbero dovuto essere destinati alla istruzione e alla sanità. Il 7-1 contro la Germania potrebbe riproporre quella rabbia, accrescendola: è per questo che non abbiamo costruito ospedali? È per questo che non abbiamo costruito scuole? Domande che da ieri hanno ripreso a circolare in Brasile.
Già ieri qualcosa si è intravisto. La BBC ha raccontato del panico a Copacabana, con le rapine di massa che hanno spinto la gente a fuggire. E poi atti di vandalismo, saccheggi, pullman dati alle fiamme. A San Paolo è stato preso di mira un negozio di elettrodomestici. A Belo Horizonte ci sono stati scontri: almeno 12 feriti. Stessa storia a Bahia. Difficile dire se era solo irritazione per la pesantissima sconfitta subita o il reflusso di una rabbia che viene da lontano.
Di sicuro c’è che da ieri i sentimenti che circolano nel paese sono collera, delusione, imbarazzo, frustrazione. Secondo l’agenzia Reuters sono emozioni che resteranno a lungo come una nuvola nera sull’interno Brasile, tanto da poter mettere a rischio la rielezione del presidente Dilma Rousseff, che su questo mondiale di calcio aveva puntato forte. E non ci sarà neppure quella spinta all’economia che una vittoria nel mondiale riesce a dare.
Per un mese il calcio ha fatto da collante in un Brasile con tanti problemi, tante diversità, tanti destini troppo diversi: una nazione che si è unita dietro la maglia verde-oro. Ora il nastro viene riavvolto e si ricomincia da dove ci eravamo lasciato prima dell’inizio del Mondiale: da una nazione piena di contraddizioni.
Tra i tanti titoli apparsi sulla stampa internazionale, ce ne è uno che nella sua brutalità riassume bene ciò che è accaduto ieri sera. È il titolo del New York Times: “Goal, Goal, Goal, Goal, Goal, Goal, Goal, and Brazil’s Day Goes Dark”. Fino a ieri, per un mese, c’è stato solo sport. Da oggi torna a esserci tutto il resto.