Juncker, Cameron, flessibilità: la nuova, vecchia Europa

Pubblicato il 9 Luglio 2014 alle 12:12 Autore: Antonio Scafati

Ci sono i rapporti tra Juncker e Cameron, c’è la Gran Bretagna che vuole più libertà di movimento, ci sono paesi come l’Italia che chiedono maggiore flessibilità e altri, come la Germania, che pretendono il rispetto dei patti. È una Europa nuova e insieme vecchia, quella in cui l’Italia ha incominciato il suo semestre di presidenza.

Archiviata la questione sulla scelta del prossimo presidente della Commissione europea, si è aperta quella tra Londra e Bruxelles. Juncker ha detto che qualunque proposta arriverà dalla Gran Bretagna sarà presa in considerazione: parole, scrive il Guardian, che potrebbero ammorbidire la posizione di David Cameron, il quale all’indomani della scelta di Juncker aveva usato frasi durissime nei confronti dei suoi colleghi europei.

La linea di Cameron resta la stessa: rinegoziare gli accordi di adesione con l’Unione europea e, in caso di vittoria elettorale, indire un referendum nel 2017 sulla permanenza nell’Ue. I prossimi anni potrebbero essere segnati proprio da questi negoziati, ha scritto l’agenzia Reuters. L’obiettivo è evitare che la Gran Bretagna diventi il primo paese a voltare le spalle a Bruxelles: un’ipotesi che rappresenterebbe un colpo durissimo per l’intero processo di integrazione europea.

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Juncker non esclude che alla fine la Gran Bretagna possa ottenere ciò che chiede: a patto che anche gli altri paesi d’Europa siano d’accordo. La partita sulla flessibilità è invece tutta in salita.

L’Ecofin di ieri lo ha confermato: sostegno alla linea italiana che chiede crescita e riforme, ma cautela sulle norme di bilancio. La conclusione che ne è uscita è che occorre ”fare il miglior uso della flessibilità che è già inclusa nel Patto di Stabilità e crescita”. Un esercizio di equilibrismo tra posizioni ancora distanti. Tedeschi, olandesi, austriaci, finlandesi: sono loro a voler tenere dritta la barra dei conti pubblici in Europa. “Le riforme strutturali non possono essere né un’alternativa né una scusa al risanamento di bilancio” ha dichiarato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. E il commissario ad interim agli Affari economici Siim Kallas ha aggiunto che “nessuna spesa può essere esclusa dal calcolo del deficit: non esistono spese buone o spese cattive”.

Ma ci sono anche altri problemi da affrontare che non hanno a che fare con i conti o con la permanenza nell’Ue. C’è la Russia, c’è l’Ucraina, c’è l’energia. Ridurre la dipendenza dell’Unione europea dal gas russo è un tema che ha scalato posizioni nell’agenda politica. Ma anche in questo caso, l’Europa non parla con una voce sola.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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