È sul confine tra Stati Uniti e Messico che Barack Obama si sta giocando un pezzo importante della fiducia che gli americani nutrono nei suoi confronti. Nelle scorse ore il presidente ha incontrato il governatore del Texas, il repubblicano Rick Perry. Con lui Obama ha discusso di un tema che lo sta facendo affondare nei sondaggi: l’immigrazione.
C’è un numero in particolare che ha accompagnato la visita di Obama in Texas: oltre 57.000 bambini e ragazzi non accompagnati hanno provato ad attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti nel periodo compreso tra ottobre del 2013 e metà giugno 2014, venendo però fermati dalle pattuglie di guardia. Sono 5.000 in più rispetto alle stime fatte nelle precedenti settimane, e il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Entro la fine dell’anno potrebbero arrivare a 80.000.
Obama si è rivolto direttamente ai genitori di questi bambini (provenienti soprattutto da paesi come Guatemala, El Salvador e Honduras) chiedendo di non mettere a repentaglio la vita dei loro figli per un’impresa destinata quasi certamente a fallire: “Questi genitori devono sapere che si tratta di un tragitto estremamente pericoloso e che è molto poco probabile che i loro figli vengano autorizzati a restare” ha dichiarato.
Nel corso della sua visita in Texas, Obama non è stato sul confine con il Messico: servono azioni concrete, non foto ricordo, ha detto. Ma non è bastato a sottrarlo alle critiche. Il governatore Perry, il cui nome è nella rosa dei possibili candidati alle presidenziali del 2016, ha usato parole durissime nei confronti della Casa Bianca: “Rendere sicuro il nostro confine è possibile, il presidente deve trovare le risorse necessarie per far sì che ciò accada”.
Già qualche giorno fa i media statunitensi hanno scritto che la Casa Bianca sta lavorando a una revisione della legislazione per velocizzare le pratiche di espulsione anche per i bambini. Ma per Obama l’intera questione resta spinosa. Il presidente ha detto a Perry di non avere nulla in contrario a intensificare i controlli sul confine tra Messico e Texas e ha chiesto al Congresso di sbloccare 3,7 miliardi di dollari di fondi aggiuntivi per affrontare l’ondata di minori: sia per dar loro una prima assistenza, sia per rafforzare i controlli. Ed è su questo che ha attaccato i Repubblicani, accusandoli di bloccare nuovi finanziamenti per poter utilizzare la crisi umanitaria del Texas contro di lui alle elezioni di metà mandato in programma a novembre.
Negli Usa c’è chi si è spinto ad ipotizzare che l’immigrazione e i fatti del Texas potrebbero essere la ‘Katrina’ dell’amministrazione Obama: un chiaro riferimento agli errori fatti da George W. Bush, che sottovalutò l’impatto dell’uragano sulla città di New Orleans nel 2005.
Gli elettori hanno già fatto sapere di non condividere le decisioni del presidente sul fronte della politica estera e dell’immigrazione. La scorsa settimana una ricerca della Quinnipiac University ha mostrato come la stima degli americani nei confronti di Obama stia andando a picco: uno su tre pensa che sia il peggior presidente degli ultimi 70 anni. Il Washington Post ha rimproverato a Obama di non aver dato ascolto alle richieste di aiuto del governatore Perry, di essersi tenuto troppo distante dagli eventi che stavano accadendo nel sud del paese, di aver abbandonato uno stato come il Texas. In sostanza, Obama viene accusato di essere stato prima troppo morbido e poi troppo distratto.
Ma c’è anche altro. L’idea di velocizzare le pratiche di espulsione per i bambini non piace ad alcuni leader del Partito Democratico, che hanno ricordato come negli Usa, tolti i nativi americani, tutti possano considerarsi immigrati. Obama sta in mezzo, tra due fuochi, sotto una pressione che si fa sempre più forte.