“Così non va, non c’è accordo. A questo punto andiamo in Aula lunedì e lì scioglieremo i nodi”. Chiude a qualsiasi trattativa il leghista Roberto Calderoli, a margine dei lavori della Commissione Affari costituzionali del Senato sul ddl Boschi, atteso in Aula oggi pomeriggio alle 16.30. Resta ancora da sciogliere il nodo dell’elezione dei futuri senatori e sulla composizione del futuro Senato. Già dalla mattinata, erano circolate notizie di tensioni fra il leghista Calderoli e il governo che avrebbero potuto far slittare l’approdo del disegno di legge in aula programmato per oggi pomeriggio. “Sulla base dell’andamento dei lavori, dubito che si vada in Aula alle 16.30″, aveva dichiarato il senatore Calderoli, pessimista sull’esito dei lavori in commissione, che aveva aggiunto: “L’elezione indiretta deve essere vera e non fatta a tavolino”. Adesso la conferma, proprio dallo stesso Calderoli. Frenata brusca per l’esecutivo Renzi.
Durante la riunione, la tensione era tanta e si è avvertita plasticamente, con il continuo via vai dalla Commissione. Secondo quanto hanno riferiscono fonti interne al Senato, Calderoli contesta l’emendamento che assegna allo Stato una riserva di legge sui criteri generali riguardanti gli Enti di area vasta, che l’esponente del Carroccio vorrebbe lasciare in esclusiva alla competenza delle Regioni. Altro punto di scontro sono le norme transitorie applicative del principio della proporzionalità con cui i senatori sono scelti dai consigli regionali in base alla consistenza dei gruppi. Avvicinato dai giornalisti, Calderoli non ha voluto rilasciare dichiarazioni, limitandosi a dire mentre rientrava in commissione “io la firma non la metto”. L’esponente del Carroccio, che è uno dei due relatori della riforma insieme alla democratica Anna Finocchiaro, ha a lungo parlato con lo staff del ministro Maria Elena Boschi, che si è poi allontanata dalla Commissione con il proprio ufficio legislativo. Dopo le prime due ore di lavoro, però,non c’è stata ancora nessuna votazione in commissione.
Ai dubbi della Lega, si aggiungono quelli di Sel e l’ostruzionismo del Movimento Cinque Stelle. Malumori anche da Forza Italia, che ha sollevato perplessità sulla composizione delle liste. A quanto si apprende, Forza Italia respingerebbe la parte dell’emendamento sulle liste. La formula contestata non è quella dell’articolo 2 del ddl (modifiche all’articolo 57 della Costituzione elezioni di secondo grado e seggi distribuiti in maniera proporzionale ai gruppi consiliari), ma la modifica dell’articolo 34: le modalità delle liste tra cui i consiglieri regionali devono scegliere tra consiglieri regionali e sindaci.
PD – Delle tensioni sul ddl di riforma del senato, fra maggioranza e Lega, approfitta anche la minoranza dem con il senatore Vannino Chiti che denuncia: “Si stanno squassando gli equilibri della Costituzione”. Intervenendo a Radio Città Futura, il senatore PD, primo firmatario di un testo di riforma del Senato alternativo a quello del governo, ha annunciato che presenterà emendamenti: “Vi pare normale – si domanda Chiti – che libertà religiosa, diritti delle minoranze o temi come testamento biologico siano leggi di competenza prevalente della Camera, che esprime la maggioranza di governo? O che alla nona votazione chi ha vinto le elezioni alla Camera elegge il Presidente della Repubblica?”. L’esponente dem propone “la riduzione dei deputati a 470 o 315″. “Sarebbe giusta dal punto di vista del funzionamento della Camera, degli equilibri costituzionali da mantenere e porterebbe un risparmio. Perchè non si fa? Per scarso coraggio – ribadisce Chiti – perché si ha paura. Si considerano i deputati dei bambini. Non considerando evidentemente così forte la proposta di riforma, si pensa che i deputati, sapendo di dover passare da 630 a 470, possano non votarla. Questo mi pare offensivo verso i deputati”, conclude.
Carmela Adinolfi