Scaroni e Descalzi rinviati a giudizio per tangenti Eni-Nigeria
Una mazzetta di 1,3 miliardi di dollari e 15 imputati tra cui Eni e Shell. Il giro di presunte tangenti tra Nigeria e Italia arriva a giudizio. Il processo si aprirà il prossimo 5 marzo davanti alla decima sessione penale del tribunale di Milano. L’indagine partì da alcune intercettazioni nell’indagine sulla P4.
Scaroni e Descalzi: l’accusa di corruzione
Claudio Descalzi e Paolo Scaroni – rispettivamente attuale amministratore delegato ed ex amministratore delegato dell’Eni – sono stati rinviati a giudizio del gup di Milano Giuseppina Barbara per il caso della presunta maxi tangente versata dalle due società a pubblici ufficiali e politici nigeriani per lo sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245. Immediata la nota dell’Eni che conferma “la massima fiducia nella correttezza e integrità dell’operato dell’azienda e del suo amministratore delegato”.
Scaroni e Descalzi: il ruolo di Bisignani
L’accusa formulata dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro riguarda l’aggiudicazione di un giacimento avvenuta nel 2011. In cambio della presunta tangente i due gruppi si sono aggiudicati i diritti esclusivo di sfruttamento. Nell’attesa che si concludano le indagini, qualche mese fa la Nigeria aveva ripreso controllo degli impianti in via cautelare.
Tra gli imputatati c’è anche il faccendiere Luigi Bisignani che avrebbe presentato l’intermediario nigeriano Obi ai due principali imputati. Dalle carte dei pm, si legge come sia Scaroni che Descalzi avrebbero incontrato il presidente nigeriano Jonathan Goodluck, in carica tra il 2010 e il 2015, “per definire l’affare” relativo all’appalto. Attraverso prestanome, l’ex ministro del Petrolio Etete alla fine degli anni ’90 si ‘autoassegnò’ la concessione a costo zero, tramite la società Malabu. I soldi pagati al governo nigeriano furono riversati al politico, che li avrebbe usati anche per “immobili, aerei, auto blindate“, rendendo sovrapponibili mazzetta e acquisizione.
Scaroni e Descalzi: il ruolo delle intercettazioni
L’indagine era partita dalle intercettazioni dei pm di Napoli Henry John Woodcock e Francesco Curcio. Nel 2010 i due giudici stavano indagando sulla cosiddetta P4, in cui era coinvolto anche Bisignani. Dal filone napoletano delle indagini erano emersi i rapporti di Bisignani con i vertici dell’Eni di allora. In questa indagine Bisignani ha poi patteggiato un anno e 7 mesi.