Papa pro ius soli? Accoglienza e strumentalizzazioni
Potremmo condensare in 10 punti alcune osservazioni in seguito ai numerosi commenti all’omelia di Papa Francesco pronunciata il 24 dicembre 2017. Vediamo perché affermare che egli abbia scomunicato chi ha votato contro la legge sulla cittadinanza è sbagliato. Così come sono pretestuose le accuse di aver piegato a fini politici il Vangelo.
Sulla cittadinanza
1. Innanzitutto, il papa non ha parlato di ius soli, né di ius culturae, né a favore né contro! Il papa non ha uno sguardo che si ferma al provincialismo delle beghe politiche italiane. Piuttosto guarda forse alle Americhe, e in particolare agli Stati Uniti, dove già vige lo ius soli?
2. L’unico cenno forse più esplicito che il papa ha fatto alla cittadinanza è questo: Gesù «viene a dare a tutti noi il documento di cittadinanza». Insomma, a prescindere dalle concessioni dei potenti, a prescindere dalle loro decisioni più o meno crudeli, a prescindere dai procedimenti burocratici per ottenere uno status giuridico, la cittadinanza che interessa maggiormente al cristiano è un’altra!
3. Il papa inoltre ha sottolineato che «Colui che nella sua povertà e piccolezza denuncia e manifesta che il vero potere e l’autentica libertà sono quelli che onorano e soccorrono la fragilità del più debole». Stare accanto al debole è l’unico criterio per vivere la cittadinanza del Regno. Non è detto che chi si riempie la bocca di ius di qua, o ius di là – talvolta propagandisticamente, va riconosciuto, così come è propagandistico strumentalizzare questa omelia – lo faccia concretamente!
Sulle persone immigrate
4. Sulle persone immigrate, la posizione del papa è stata esplicitata in vari documenti non è quella di una generica “accoglienza”, ma si articola in 4 verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Tutti egualmente importanti. Nulla comunque di nuovo rispetto all’insegnamento del papi precedenti, nel pieno solco della Dottrina Sociale della Chiesa, penso alla Populorum Progressio di Paolo VI: «La stessa accoglienza è dovuta ai lavoratori emigrati che vivono in condizioni spesso disumane».
5. È interessante notare come le accuse mosse dal giornalista Antonio Socci al papa siano quelle di “populismo”. Un tempo venivano definiti “populisti” anche Salvini e Trump. Cos’è allora populismo: accogliere e/o rifiutare le persone immigrate?
6. Il papa non pensava solo al censimento di Augusto, bensì alla fuga in Egitto e alla strage degli innocenti di Erode, quando parla della Sacra Famiglia che emigra: «Vediamo le orme di milioni di persone che non scelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsi dai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. In molti casi questa partenza è carica di speranza, carica di futuro; in molti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvivenza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre il loro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcun problema a versare sangue innocente». Prima dell’accoglienza, bisogna sconfiggere le cause – spesso politiche (Erode) – che costringono ad emigrare.
Sull’accoglienza
7. Il Vangelo di Luca, effettivamente, più che la “non ospitalità” evidenzia la povertà delle condizioni in cui Gesù nasce e si lascia mangiare (di qui la mangiatoia) nell’ultima cena. Il papa ha sottolineato entrambi gli aspetti.
8. I primi 2 capitoli del vangelo di Luca non hanno intento cronacale. Quindi è difficile stabilire quanto sia storicamente avvenuto prima della predicazione pubblica di Gesù. In queste parti della Sacra Scrittura «si esprime la verità teologica su Gesù e si retroproiettano i tratti salienti della sua vita e, soprattutto, del suo tragico finale di vita. È chiaro allora che si è autorizzati a leggere le prime pagine di Luca come una profezia della fine, del rifiuto opposto dal popolo religioso al Regno di Dio» (Christian Rosso). Lo fece Pio XII, ripreso da Benedetto XVI: «La famiglia di Nazaret in esilio, Gesù, Maria e Giuseppe emigranti in Egitto e ivi rifugiati per sottrarsi alle ire di un empio re, sono il modello, l’esempio e il sostegno di tutti gli emigranti e pellegrini di ogni età e di ogni Paese, di tutti i profughi di qualsiasi condizione» (Exsul familia, 1952).
9. Cito nuovamente Christian Rosso: «Non si può invocare la ricerca storica per attaccare il discorso del Papa e poi prescindere dagli esiti della moderna esegesi per giustificare l’anacronismo teologico». Ad esempio in materia morale o ecclesiale.
In conclusione: l’accoglienza concreta è scomoda
10. Il papa commentava anche il vangelo del giorno, il prologo di Giovanni: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). La non accoglienza di Gesù è un punto storicamente e teologicamente inoppugnabile, ribadito da tutti gli evangelisti. L’accoglienza concreta – e non tanto a suon di leggi o di proclami – è un punto ineludibile del Vangelo: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-37).
Ecco allora il succo dell’omelia natalizia del papa: «Riconoscere Dio presente in tutte le situazioni in cui lo crediamo assente. Egli sta nel visitatore indiscreto, tante volte irriconoscibile, che cammina per le nostre città, nei nostri quartieri, viaggiando sui nostri autobus, bussando alle nostre porte». E questo, dice papa Francesco, «è scomodo e ci scomoda, perché sfida il potere religioso mondano e provoca le coscienze».
Piotr Zygulski per il blog Nipoti di Maritain