Silvio Berlusconi e la profezia del Terzo Segreto di Satira
“Dottore, io lo so che non dovrei fidarmi di Berlusconi, ma è più forte di me”. Era il febbraio 2013 quando, sul loro canale YouTube, i ragazzi del Il Terzo Segreto di Satira pubblicavano un video per documentare il ritorno in auge di Silvio Berlusconi. Un video satirico, ironico – ma profetico – che malcelava una preoccupazione: la rinnovata, e forse mai sopita, infatuazione degli Italiani per l’ex Cavaliere. Una settimana dopo, esattamente domenica 24 e lunedì 25 febbraio, si tennero le elezioni politiche. Le elezioni della “non vittoria” del PD di Bersani; le elezioni dell’exploit del M5S.
Quella del febbraio 2013, però, fu una tornata segnata dal 29,18% di Forza Italia. 9 923 600 di elettori avevano dato nuovamente fiducia a Silvio Berlusconi. Un leader, che fino a poco tempo prima sembrava politicamente “morto e sepolto”. Sepolto dai processi a suo carico, sepolto da quello spread a 574 punti base del novembre 2011 che aveva affossato il suo quarto governo.
In poche settimane, in quel 2013, Silvio Berlusconi era riuscito a risalire la china dei sondaggi. Poi, l’exploit del voto; l’ingovernabilità, le larghe intese con FI a sostenere il governo di Enrico Letta. Ed ancora: l’#enricostaisereno, il governo Renzi, il Patto del Nazareno con Berlusconi nuovo “Padre costituente”. Infine, il “No” di Forza Italia al referendum costituzionale. Berlusconi è riaccolto nel Partito Popolare europeo, con Angela Merkel che gli rinnova un’inaspettata fiducia come unico argine al populismo.
Berlusconiani anonimi , lo storytelling: il 1994, la discesa in campo
Oggi, dopo quasi cinque anni, dopo tutte le vicende che abbiamo brevemente ripercorso, l’Italia si ripresenta al voto. E la profezia del ritorno di Berlusconi, quella del video del Terzo Segreto di Satira, sembra pronta ad avverarsi nuovamente. Berlusconi sta risalendo nelle rilevazioni, erodendo consensi alla Lega di Matteo Salvini. Quella Lega che con la sua svolta nazionale era sembrata avere la possibilità di issarsi come guida del centrodestra.
Silvio Berlusconi non è rassegnato. E sta portando a regime la sua “macchina elettorale”. La macchina di quella auto-narrazione di sé, del suo partito e dell’Italia che ci accompagna dal 1994. Era il 26 gennaio 1994 quando Berlusconi mandava in onda il discorso della famosa “discesa in campo”.
Era il momento iniziale di un racconto, di una narrazione, di un grande storytelling: l’uomo nuovo, l’imprenditore di successo, si metteva a disposizione dell’Italia. Un grande nemico a contrastarlo, un grande capro espiatorio: il comunismo. Un pericolo, quest’ultimo, ormai congedato dalla storia (il muro di Berlino era caduto pochi anni prima, accompagnato dall’URSS) ma che Berlusconi costruì ad arte, per raccogliere nella categoria di “comunisti” tutti i suoi avversari. Questi ultimi erano i detentori di tutte le peggiori caratteristiche etiche e morali. Per Berlusconi era fondamentale mettere in scena lo scontro “Bene-Male”. Il Bene, rappresentato da Forza Italia, ed il Male, la sinistra e gli ex comunisti.
Berlusconiani anonimi: lo storytelling di Silvio Berlusconi, la storia si ripete?
A distanza di 23 anni, il copione oggi pare lo stesso, seppur con qualche variazione sul tema. Rispetto al 1994, il panorama politico è abbastanza differente. Tuttavia, c’è un aspetto che accomuna sicuramente quegli anni con questo 2017 (e 2018), almeno politicamente: l’instabilità politica.
Nel 1994 si usciva da un sistema durato pressoché cinquant’anni, la prima repubblica, caratterizzato da equilibri e rapporti di potere ben precisi. Il 1994 era una fase di transizione, e in essa Silvio Berlusconi, l’imprenditore prestato alla politica si presentava come l’uomo nuovo.
L’instabilità, come detto, regna al termine di una legislatura che ha visto l’affermarsi di un sempre più forte – ed inedito – tripolarismo. Nella sempre maggior frammentazione dello scenario politico, come nel 1994, Berlusconi si vuole presentare come l’uomo della certezza, della sicurezza, come ribadito nell’ultima sua intervista su La7, mercoledì 28 dicembre, nella trasmissione mattutina Coffee Break.
Berlusconi, nella stessa intervista, si dipinge ancora una volta come l’uomo della provvidenza. “Sono stato chiamato dai vertici di Forza Italia nel 2012 a ritornare in campo per il Paese, e in pochi mesi FI ha recuperò dieci punti percentuali nei sondaggi”, ha affermato.
In queste elezioni Berlusconi si trova in una posizione particolare. Egli è a metà strada fra la figura dello “sfidante” e quella dell’incumbent (ovvero colui che ha appena terminato il mandato di governo). Dello sfidante ha la caratteristica di non essere stato al governo negli ultimi cinque anni, avendo così la possibilità di mettersi in una posizione di contestazione nei confronti dell’ultima maggioranza (Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, il PD). Dall’altro lato, però, Berlusconi ha dalla sua anche alcune caratteristiche della posizione dell’incumbent: la notorietà, l’esperienza di anni di governo, i successi personali ed imprenditoriali.
Lo storytelling di Silvio Berlusconi: “i grillini peggio dei comunisti nel 1994”
Silvio Berlusconi, dunque, ondeggia fra queste due posizioni. Interessante è quindi osservare come nella stessa intervista a La7, nelle vesti del perfetto sfidante, abbia criticato esplicitamente gli ultimi anni della politica italiana. Nello specifico, l’ex cavaliere ha definito l’Italia come una “democrazia massacrata da cinque colpi di Stato”. Egli spera “che con le prossime elezioni si possa ritornare ad una vera democrazia”. In più, ha lamentato anche dei presunti “brogli della sinistra” per far perdere il centrodestra nella tornata elettorale del 2013.
L’ex cavaliere ha poi rincarato la dose criticando pesantemente i cambi di casacca dei parlamentari nell’ultima legislatura: “Se io eleggo qualcuno nel centrodestra e poi me lo trovo nel centrosinistra, percepisco il mio voto come inutile”. Un attacco forte, quasi anti-casta. Forse azzardato visti i precedenti dell’ex cavaliere, prescritto e non assolto per il caso della corruzione del senatore Sergio De Gregorio.
Allo stesso tempo, però, nei passaggi successivi si traveste da uomo di Stato, uomo di governo ed esperienza (appunto, il perfetto incumbent) dipingendo gli avversari – in particolare l’M5S – come il male assoluto, come un gruppo di inesperti incapaci, privi della statura e dell’esperienza necessarie a governare un Paese.
“Il M5S rappresenta un pericolo per il futuro della nostra stessa democrazia”. E ancora: “L’87% dei parlamentari grillini non ha mai lavorato e sono pauperisti. Per questo, hanno un’invidia particolare degli imprenditori che producono ricchezza”.
Su questo aspetto, Berlusconi sta puntando a riprodurre lo schema del 1994. Il M5S è il nuovo pericolo, come il comunismo a suo tempo. Niente di nuovo da questo punto di vista.
Berlusconiani anonimi: il ruolo di Matteo Renzi e la campagna elettorale
Poche parole per il PD, per il tradizionale avversario costituito dalla sinistra. Da parte di Berlusconi la tattica di non fronteggiare in uno scontro aperto il PD di Matteo Renzi potrebbe avere due scopi: da un lato snobbare lo schieramento di sinistra, martoriato dalle divisioni interne e dunque non più un pericolo in chiave elettorale; dall’altro, mantenere una sorta di “pax” con Matteo Renzi, in vista di un eventuale governo di larghe intese in assenza di maggioranze certe dopo le elezioni. L’ultima, ad oggi, pare l’ipotesi più attuale.
Comunque, la campagna elettorale ufficiale è appena iniziata, anche se da mesi (se non da anni) possiamo sostenere di essere in una campagna permanente. Il “tutti contro tutti” sembra essere l’ipotesi oramai più plausibile. Il tutto in un clima da tifo da stadio indiavolato. Come dicono gli inglesi, una horse race (una corsa di cavalli), nella quale non è lontana l’ipotesi che alla fine possa spuntarla proprio lui, il destriero più anziano: Silvio Berlusconi.