Iran news: proteste e scontri, cosa sta succedendo
Iran news: proteste e scontri, cosa sta succedendo
Tutto è partito il 28 dicembre da una manifestazione circoscritta alla città di Mashhad, la seconda più popolosa del paese. Un’imponente ondata di proteste si è poi diffusa da un lato all’altro dell’Iran. Nell’immediatezza, ancora prima di accusare Usa e Arabia Saudita, le autorità hanno individuato nel rigido conservatore Ebrahim Raisi, avversario di Hassan Rouhani, il responsabile dei disordini. Tuttavia, agli slogan contro il Presidente moderato si sono presto aggiunti quelli contro l’Ayatollah Khamenei, alleato di Raisi, e la stessa Repubblica Islamica.
La capitale Teheran è diventata in fretta l’epicentro delle dimostrazioni. Al centro del dissenso sembrano esserci, in particolare, i lavoratori sotto i 25 anni. Sono quelli più colpiti dalle condizioni stagnanti dell’economia nazionale. La disoccupazione giovanile in Iran si attesta al 40% (al 24% tra i 15 e i 29 anni); sono 3 milioni circa i giovani iraniani senza lavoro. A ciò va sommato una forte inflazione (molto diminuita, però, dall’entrata in carica dell’attuale Presidente nel 2013) e un rincaro di generi alimentari basilari e benzina.
Rouhani aveva promesso che l’accordo sul nucleare del 2015 e il conseguente alleggerimento delle sanzioni internazionali (quelle statunitensi, in larga parte, sono rimaste) avrebbe migliorato gli standard di vita del paese; una promessa che ha contribuito a farlo rieleggere l’anno scorso con 25milioni di voti. Tuttavia, al di là dell’economia, il dissenso pare risiedere nel mancato appuntamento con il rinnovamento politico-culturale del paese; un’altra promessa di Rouhani.
Iran news: proteste e scontri, cosa sta succedendo
Le forze di sicurezza iraniane hanno ben presto abbandonato la via del contenimento della protesta. In questo momento, le stime ufficiali riferiscono un bilancio di 21 morti tra manifestanti e poliziotti; invece, risultano almeno 450 arresti nella sola Teheran.
Non è ancora chiaro se le manifestazioni siano destinate a continuare a lungo. Nel 2009 le proteste contro la rielezione del Presidente Ahmadinejad durarono per mesi. Ora, la protesta non ha dei leader ma neanche delle rivendicazioni univoche. Si è inneggiato, in modo a dir poco “nostalgico”, anche allo Scià. Buona parte del suo destino è in mano proprio al Presidente Rouhani che potrebbe capitalizzare il malcontento per convincere la classe politica ad attuare delle aperture. D’altro canto, per i più riformisti, le manifestazioni potrebbero mettere fine al mandato del Presidente e, quindi, riportare in sella i conservatori.
Detto ciò, per alcuni analisti, i fatti di questi giorni possono essere riassunti con la frase: “nel 1979 gli iraniani hanno avuto la rivoluzione senza la democrazia; adesso vogliono la democrazia senza la rivoluzione”.