Elezioni 2018: abolizione canone Rai, Calenda ‘presa in giro di Renzi’.
In vista delle elezioni 2018, comincia coi botti la campagna elettorale del Partito Democratico. Come ha riportato La Repubblica, nella prossima direzione del PD, Matteo Renzi ha intenzione di proporre l’abolizione del canone Rai, affermando che “la tv pubblica deve essere un diritto dei cittadini”. Una dichiarazione che ovviamente ha già scatenato l’opinione pubblica e politica sul tema. Il periodo della proposta è difatti emblematico, e in molti hanno sottolineato la puntualità della “sparata” a circa 60 giorni dalla chiamata alle urne. Intanto il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha definito la mossa di Renzi “una presa in giro” nei confronti degli italiani.
Elezioni 2018: Renzi vuole abolire il canone Rai
Il quotidiano romano ha così anticipato una possibile mossa di Renzi, che punta a convincere l’opinione pubblica in vista delle prossime elezioni. Dopotutto, colpire il canone Rai potrebbe essere una di quelle misure che tanto piacciono al popolo, visto che stiamo parlando di una delle tasse più odiate dagli italiani. Va anche ricordato che fu proprio sotto il suo governo che l’imposta del canone fu inserita nella bolletta dell’energia elettrica, riducendosi però di entità economica negli ultimi due anni. Una manovra che ha decisamente contrastato l’evasione fiscale e difeso “i cittadini onesti che l’hanno sempre pagata”, per dirla con le parole di Antonello Giacomelli, sottosegretario alle Comunicazioni.
La proposta di Renzi non è piaciuta neppure a Usigrai, che ricorda come a ogni campagna elettorale uno dei bersagli preferiti tra i candidati sia proprio il servizio pubblico. E che laddove è stato abolito il canone, il vantaggio è stato tutto dei privati. “Curioso come prima si metta il canone in bolletta e poi si proponga di abolirlo”. Secondo il pensiero di Renzi, peraltro, al posto della tassa annuale sul canone, il servizio pubblico andrebbe finanziato dallo Stato per una cifra tra gli 1,5 e i 2 miliardi di euro.
Elezioni 2018: abolizione canone Rai? La reazione di Calenda
Sulla questione è intervenuto Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo Economico. Quest’ultimo si è sfogato su Twitter approfittando del recente ampliamento dei caratteri sulla piattaforma, per spiegarsi nel miglior modo possibile.
Spero che l’idea di abolire il canone RAI sostituendolo con un finanziamento dello Stato non sia LA proposta del PD per campagna elettorale, come riportato da Repubblica. I soldi dello Stato sono i soldi dei cittadini. E dunque sarebbe solo una partita (presa) di (in) giro.
A questa reazione è seguita la replica di Michele Anzaldi, che ha difeso la proposta dell’ex premier.
Caro Calenda, se tagliamo 1,5 miliardi di spesa pubblica ed eliminiamo canone Rai i cittadini pagano meno. Altro che presa in giro. Serve processo di modernizzazione ed eliminazione sprechi unici in panorama tv con risparmio immediato di 500 mila euro. Far risparmiare cittadini come con stop Imu.
Elezioni 2018: RAI verso la privatizzazione?
Puntuale la controrisposta di Calenda, che ha elencato i punti che lo rendono più perplesso. E lanciando una proposta che sta facendo molto discutere sui social network.
Nell’ordine: 1) Governo Renzi ha messo canone in bolletta e non si può promettere in campagna elettorale il contrario di quello che si è fatto al Governo; 2) se si vuole affrontare la questione del canone allora si ragioni su privatizzazione RAI altrimenti è presa in giro; 3) non capisco perché, dopo aver fatto tante cose serie e buone per la crescita, gli investimenti e l’occupazione – vedi dati ISTAT di oggi – si debba ricadere sulla linea delle promesse stravaganti a tutti su tutto. È un peccato.
Insomma, da un lato l’abolizione del canone Rai, che sicuramente sarà ribadita nelle prossime settimane. E che potrebbe essere uno dei temi marginali ma di maggior discussione della prossima campagna elettorale del PD. Dall’altra la proposta di privatizzazione della RAI lanciata da Calenda, che non ci sta a far finanziare il servizio pubblico con i soldi dello Stato – ovvero, dei cittadini italiani – attraverso un ambiguo gioco di parole. O, per dirla con le sue parole, “presa in giro”.