Giovedì 6 maggio la Scozia va al voto per eleggere il proprio Parlamento. La consultazione è di grande interesse: è il primo voto post-Brexit (l’elezione precedente si svolse un mese prima del referendum), in una regione che ha votato a larga maggioranza per rimanere nell’Unione Europea. Gli indipendentisti scozzesi sono profondamente europeisti e richiedono un secondo referendum per emanciparsi da Londra dopo quello perduto nel 2014, svoltosi però quando il Regno Unito era ancora nell’UE. Ma non ci sono solo Brexit e indipendenza. Come spesso avviene, le elezioni si decidono su temi locali e la soddisfacente gestione della pandemia ha mostrato agli scozzesi la rilevanza del loro governo locale.
Sistema di voto e parlamento uscente
Il parlamento scozzese venne creato dalla legge sulla devolution voluta dal governo di Tony Blair nel 1998. Esso ha poteri su sanità, istruzione, sviluppo economico. I 129 deputati dell’unica Camera sono eletti tramite un sistema misto: 73 con un maggioritario puro stile Westminster, mentre i restanti 56 con un sistema proporzionale, corretto per favorire i partiti più deboli. Ogni elettore vota dunque due volte, una per i candidati del maggioritario e una per quelli del proporzionale. Questo porta a un largo uso del voto disgiunto: per il maggioritario si tendono a votare i partiti più forti, mentre per la parte proporzionale gli elettori premiano spesso quelli più piccoli.
Il parlamento uscente vede una larga maggioranza relativa (61/129) dello Scottish National Party, che ha formato un governo di minoranza guidato da Nicola Sturgeon. Secondo gruppo parlamentare è quello conservatore (30/129), seguito da quello laburista (23/129). 5 sono invece i parlamentari liberaldemocratici e verdi, con questi ultimi che spesso sostengono le scelte del governo.
Partiti e candidati
Lo Scottish National Party (SNP) presenta come leader la primo Ministro uscente Nicola Sturgeon. SNP propone un secondo referendum per l’indipendenza e una politica più vicina all’UE, a partire dal ritorno nel programma Erasmus. A livello locale, propone poi un ambizioso piano di edilizia sociale e la costruzione di un più solido sistema sanitario regionale. I sondaggi accreditano SNP intorno al 47% per il voto maggioritario e al 37% per la quota proporzionale.
Il Partito Conservatore è invece il principale oppositore della causa indipendentista, auspicando invece una riconciliazione nazionale nell’ambito del progetto di Global Britain portato avanti dal premier Boris Johnson. Le proposte principali dei Tories sono un ambizioso piano di costruzione di infrastrutture e il rilancio della scuola con l’assunzione di 3mila nuovi insegnanti. Il candidato primo Ministro è Douglas Ross, 38enne leader regionale del partito ed ex guardalinee professionista (ha assistito l’arbitro Willie Collum anche in alcune partite di Champions League). I conservatori sono stimati al 21% per la quota maggioritaria e al 22% per quella proporzionale.
Il Partito Laburista candida Anas Sarwar, ex dentista di origini pachistane. Il Labour si oppone a un secondo referendum sull’indipendenza, ma auspica una maggiore cessione di poteri da Londra e Edimburgo. Sarwar propone ampi investimenti in economia green, il contrasto alla disoccupazione giovanile e maggiori spese per la cura delle patologie trascurate durante la pandemia, a partire dal cancro. I sondaggi prevedono che i laburisti possano ottenere il 21% nei collegi maggioritari e il 18% in quelli proporzionali.
Il Partito Verde è forse il più deciso nella causa indipendentista. Propone un referendum il prima possibile e, al contrario di SNP (favorevole a mantenere la regina Elisabetta come capo di Stato), la creazione di una repubblica. I verdi propongono imponenti investimenti in economia green, finanziati con un aumento delle tasse sui più ricchi e sulle emissioni inquinanti. Il loro seguito si attesta intorno al 9% per la quota proporzionale, mentre non dovrebbero prendere alcun seggio maggioritario.
Il Partito Liberal-Democratico si batte per una trasformazione in senso federale del Regno Unito, opponendosi a un secondo referendum per l’indipendenza. Il partito centrista candida il deputato regionale di lungo corso Willie Rennie e promette investimenti nei lavori green e per tutelare la salute mentale dei cittadini nel post-pandemia. I lib-dem dovrebbero avere un seguito intorno al 7% per entrambe le categorie di voto.
Infine ha fatto scalpore la scelta dell’ex primo Ministro e leader di SNP Alex Salmond di fondare Alba, un nuovo partito indipendentista. Il programma è piuttosto scarno e prevede la richiesta immediata di un referendum per l’indipendenza. La scelta sembra essere più che altro legata all’astio personale con Sturgeon, che ha preso il suo posto dopo la sconfitta nel referendum del 2014. Secondo i sondaggi, Alba non dovrebbe superare la soglia di sbarramento prevista per la quota proporzionale né vincere alcun seggio maggioritario.
Cosa aspettarsi dal voto in Scozia?
La vittoria dello Scottish National Party, forte di una gestione della pandemia migliore di quella ondivaga del governo Johnson, non sembra essere in discussione. La domanda è se riuscirà ad avere i numeri per governare senza il supporto esterno di partiti minori, come invece ha fatto finora. La sfida tra conservatori e laburisti è ormai ridotta alla conquista del secondo posto, con i primi leggermente favoriti. É evidente che una larga maggioranza dei partiti indipendentisti renderebbe più difficile ignorare le richieste di un secondo referendum, come sta facendo finora Johnson. Ma non bisogna illudersi che questo porterebbe necessariamente all’indipendenza di Edimburgo: secondo gli ultimi sondaggi gli unionisti sarebbero in vantaggio di almeno 4 punti percentuali.