Elezioni politiche 2018: candidati Pd, ministri non vogliono l’uninominale.
Da un lato l’uninominale, solo per i coraggiosi. Dall’altro il proporzionale, dove tutti voglio andare. In vista delle elezioni politiche 2018, il PD sa perfettamente vedere nel futuro. Le previsioni al momento non sono rosee. E perdere all’uninominale in una sfida testa a testa con movimenti e partiti nettamente più forti, soprattutto al centro e al sud, significa perdere quella faccia che l’ex premier Matteo Renzi invita a mettere. C’è il paracadute del proporzionale, il ripescaggio qualora le cose dovessero andare all’uninominale. Ma il coraggio viene preso a malincuore, non come vorrebbe Renzi. E cominciano così a spuntare i primi nomi, da un lato. Mentre restano ancora alcune incertezze, dall’altro. Tuttavia, il regolamento mostrato all’apertura della direzione PD risulta chiaro su alcuni punti.
Elezioni politiche 2018: candidati PD, nuovi nomi
Roberta Pinotti ha accettato di candidarsi all’uninominale a Genova. Con la possibilità concreta che non riesca a spuntarla. Poi c’è Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo ucciso dalla Camorra. Che Renzi ha annunciato essere “il nostro primo candidato alle elezioni 2018”. Quindi ecco un altro nome, quello di Carla Cantone, ex segretaria generale di Spi-Cgil, molto attaccata al tema pensioni.
Paolo Gentiloni accetterà la candidatura a Roma 1, e correrà nel proporzionale nel Lazio, Piemonte e in una regione del Sud. Chi non ci sarà invece, corrisponde al nome di Marco Minniti. Molto popolare a livello nazionale, meno a livello territoriale. Lui è uno degli uomini che l’invito di Renzi a metterci la faccia lo accantonerebbe senza patemi d’animo. Il suo desiderio? Capeggiare una lista nel proporzionale, ma evitare l’uninominale. E quindi un’eventuale sconfitta. Tra gli altri nomi illustri esclusi dal maggioritario c’è quello di Pier Carlo Padoan, che dovrebbe candidarsi solo nei listini proporzionali.
Elezioni politiche 2018: regolamento candidature PD
Il regolamento per le candidature PD in Parlamento prevede l’esclusione di chi non ha ancora versato le quote dovute al partito; e chi non rispetta le diciture presenti nello statuto del PD agli articoli 20 e 21 (Codice etico e Incandidabilità e incompatibilità). Tra i punti elencati, importante è quello che recita:
Non è ricandidabile da parte del Partito Democratico per la carica di componente del Parlamento nazionale ed europeo chi ha ricoperto detta carica per la durata di tre mandati.
Per quanto riguarda le modalità di selezione candidature, fa fede il primo articolo del regolamento. Nel quale si dice che il Segretario nazionale promuoverà un confronto con i Segretari regionali ai fini della selezione delle candidature per le elezioni politiche 2018. Inoltre, il Segretario nazionale, “valutate le proposte pervenute dai Segretari regionali” e considerando le sollecitazioni “dei territori e del pluralismo interno”, nonché “dei parlamentari uscenti e delle norme statuarie”, propone alla Direzione nazionale le liste dei candidati alle elezioni politiche 2018 per Camera e Senato per quanto riguarda i collegi uninominali e plurinominali.
Nelle prossime ore Renzi continuerà a esortare i nomi più e meno noti a metterci la faccia. Con la promessa che il posto è sicuro solo per chi correrà in seggio. “Che si perda col 20% o col 30% non importa, perché i voti del maggioritario alla fine si trasferiranno alla lista”. Ma forse non basterà. Almeno non per tutti.