Flat tax: Brunetta spiega la manovra, ma quanto costerebbe?
La flat tax è una delle proposte presenti nel programma elettorale di centrodestra che sta generando maggiori discussioni. Soprattutto fa discutere la sua effettiva fattibilità. Sarebbe di facile realizzazione? Oppure il suo costo, comunque non da sottovalutare, peserebbe sulle future generazioni? E, guardando più da vicino, la spesa per far fronte a questa manovra andrebbe a influire negativamente sulla stabilità economica del Paese? A spiegare il meccanismo della flat tax ci ha pensato Renato Brunetta sulle pagine del Foglio. Ecco cosa ha detto.
Flat tax: Brunetta spiega la misura
Brunetta comincia il suo articolo parlando della riduzione del debito pubblico, quantificato quest’ultimo in 2.275 miliardi di euro. Per agire strutturalmente su questo aspetto occorre valutare i tre fattori che ne determinano la crescita nel tempo. Da una parte la crescita del Pil, dall’altro la spesa per gli interessi e dall’altro ancora l’avanzo primario. Brunetta critica le soluzioni di imposte patrimoniali proposte dalla sinistra, in quanto impoverirebbero il Paese. Per l’ex ministro della PA, la soluzione definitiva risiede in una proposta di Forza Italia che andrebbe a ridurre strutturalmente il rapporto debito/Pil per riportarlo in 5 anni verso il 100%.
Attraverso la diminuzione di tale rapporto, si andrebbe a facilitare “un percorso di riduzione della pressione fiscale per circa l’1% all’anno”, con l’obiettivo dichiarato di “condurla al di sotto del 40% entro la legislatura”. Da qui il possibile rilancio degli investimenti e l’aumento del reddito famigliare, oltre all’incremento di domanda interna e crescita; ma sempre “rispettando i vincoli del Fiscal Compact”. Con l’avanzo primario attualmente vicino al 2,5% del Pil e qualora la spesa per interessi non aumentasse, il già citato avanzo potrebbe crescere fino al 4%, denotato come livello di sicurezza, che andrebbe a ridurre drasticamente il rapporto tra debito e prodotto interno lordo.
A questo punto per Brunetta si innescherebbe un meccanismo di autosostentamento grazie al rafforzamento della politica economica. Il percorso di crescita sarebbe poi stimolato dalla flat tax. Che Brunetta definisce una “aliquota unica per tutti; totalmente finanziata dal taglio delle ‘tax expenditures’; vale a dire le deduzioni e detrazioni fiscali attualmente in vigore; dal taglio della cattiva spesa pubblica, dall’emersione del sommerso e dal ‘reset’ delle liti fiscali pendenti”.
Flat tax: il progetto di Forza Italia
Silvio Berlusconi ha annunciato che vorrebbe introdurre la flat tax con un’aliquota pari o leggermente inferiore a quella attualmente più bassa, che in Italia è del 23%. Una differenza sostanziale rispetto al proposito della Lega che vorrebbe ridurre l’aliquota in misura ancora maggiore. La flat tax interesserebbe tutti i contribuenti Irpef che pagano l’imposta sul reddito e che dunque non ne sono esenti. Secondo i più recenti calcoli del Mef, sarebbero poco più di 30 milioni i contribuenti interessati.
Gli effetti si avrebbero però solo su chi percepisce redditi superiori ai 15 mila euro annui, in quanto per chi guadagna di meno, rispetto a oggi, non cambierebbe assolutamente nulla. Stiamo parlando di poco più di 20 milioni di contribuenti, stando ai numeri forniti da Agi. Chi percepisce sopra i 15 mila euro, infatti, è soggetto a un’aliquota Irpef scaglionata che va dal 27% al 43% per i redditi superiori i 75 mila euro.
Tuttavia, come abbiamo già accennato, agire sull’Irpef per combattere l’evasione fiscale potrebbe rivelarsi un nulla di fatto, poiché il maggior carico di evasione delle tasse agisce sull’Iva. Sempre Agi riferisce che il 96% dei contribuenti che percepiscono redditi sopra i 15 mila euro pagano l’imposta.
Flat tax: com’è andata negli altri Paesi?
Inoltre, la flat tax è stata già adottata da diversi Paesi. Russia a parte, la maggioranza dei posti in cui vige o è stata introdotta l’aliquota unica, appartengono al blocco post-sovietico. Tuttavia, come abbiamo già scritto, non si sono registrati grandi effetti sulla lotta all’evasione fiscale, tali da garantire un autosostentamento della flat tax. E in Russia, unico Paese in cui si ha avuto una testimonianza di maggiori entrate fiscali, ha pesato anche una revisione del sistema economico che ha agevolato la ripresa. In particolar modo, con il conseguente aumento dei salari.
Flat tax: il problema dei conti
La flat tax è una promessa dunque realizzabile? Ovviamente la risposta è affermativa, ma potrebbe rivelarsi un disastro in quanto alla possibilità di autofinanziamento tramite il maggior gettito fiscale e soprattutto per i conti pubblici. Bruxelles, ad esempio, potrebbe ostacolare con forza la misura, innescando nuovamente un attacco speculatorio nei confronti del nostro Paese. La Voce ha analizzato i numeri snocciolati dal leader di Forza Italia comunicandone però altri.
Il Cavaliere ha dichiarato che si avrebbero entrate minori fino a 40 miliardi, recuperabili tramite un massimo di 130 miliardi dall’evasione, alla fine si avrebbero 40 miliardi di euro di entrate in più. Per La Voce, prendendo ad esempio una flat tax con aliquota al 20% e con una esenzione delle tasse per chi percepisce fino a 13 mila euro al mese, le entrate mancanti ammonterebbero a 95 miliardi di euro. Inoltre, anche se si recuperassero tutti i capitali non dichiarati al fisco e quindi evasi, questi sarebbero tassati e sugli oltre 200 miliardi di euro, l’incasso definitivo potrebbe ammontare a 50 miliardi di euro. Quindi la metà di quanto previsto da Berlusconi.
I calcoli de La Voce fanno eco a quelli del Sole 24 Ore, che parlano di 40-70 miliardi di euro di costo complessivo, con risorse non sufficienti a (auto)sostentare la misura. Pertanto, in merito alla flat tax, si potrebbero attendere dal centrodestra nuovi aggiornamenti legati alla sostenibilità della misura e alla sua effettiva fattibilità. Magari prima del 4 marzo.