Elezioni politiche 2018: intervista a Viola Carofalo, portavoce di Potere al Popolo
Elezioni politiche 2018: intervista a Viola Carofalo portavoce di Potere al Popolo
Ne hanno parlato vari mezzi di comunicazione internazionali; hanno ricevuto l’appoggio di Melenchòn (France Insoumise) e Alberto Garzón (Izquierda Unida). Optano per l’assembleismo, nascono dai centri sociali e non negano di essere di sinistra radicale.
Oggi, per lo speciale elezioni politiche 2018, intervistiamo la portavoce di Potere al Popolo (o il capo politico, secondo la definizione del rosatellum, nonostante Viola Carofalo rigetti tale terminologia).
Si parla della nascita di Potere al Popolo; le relazioni con la sinistra europea; il programma portato avanti in vista delle elezioni del 4 marzo. Questo, e molto altro, in questa intervista alla portavoce di PaP.
Qui, le interviste a David Ermini (PD), Ornella Bertorotta (M5S), Fabio Rampelli (FDI), Stefano Parisi (EPI), Diego Fusaro (filosofo) e Paolo Becchi (filosofo)
Elezioni politiche 2018: intervista a Viola Carofalo, portavoce di Potere al Popolo
Ciao Viola, anzitutto ti chiederei come e quando nasce Potere al Popolo: chi sono stati i principali attori e artefici della nascita di questo movimento-partito?
Potere al Popolo è nato formalmente il 17 dicembre, ma la prima assemblea è stata il 18 novembre. Faccio un passo indietro: noi eravamo andati ad affacciarci alla prima assemblea del Brancaccio, quella del 15 giugno. C’era D’Alema in prima fila e Gothor sul palco. Lì ci rendemmo conto che questo percorso non faceva per noi. Alcuni andarono avanti, in buona fede, tuttavia si scoprì che MDP e Sinistra Italiana si erano visti in separata sede e avevano deciso di costruire quello che sarebbe diventato “Liberi e Uguali”. A quel punto, gli artefici del Brancaccio decidono di disdire l’assemblea plenaria del 18 novembre.
Ci sembrò inaccettabile che ciò che ci fosse più a sinistra fosse D’Alema. Allora abbiamo detto, “perché non lo facciamo noi, perché non ricostruire qualcosa veramente dal basso?” Ripartendo dalle lotte, dai vari territori. Da lì partono le assemblee di Potere al Popolo. Se ne sono fatte oltre 150 in 150 città diverse. Così si sono scelti i candidati e si è stabilito il programma. C’è stata la costruzione delle liste e adesso ci aspetta la raccolta firme.
Come detto, lei è la portavoce di Potere al Popolo e formalmente il capo politico. Ci racconti brevemente qualcosa sulla sua formazione, la sua esperienza lavorativa e sulla sua partecipazione politica.
La definizione di capo politico la rifiutiamo, la riteniamo anche ridicola. Io sono semplicemente una portavoce, in quanto in Potere al Popolo decidiamo tutti. Io sono napoletana, di 37 anni, sono assegnista di ricerca. Ho un dottorato e sono laureata in filosofia contemporanea. Sono sempre andata con lavoretti vari. Sono stata scelta perché incarno una serie di contraddizioni di questo Paese, tra cui quello dell’instabilità lavorativa.
Vi identificate con una determinata ideologia?
Assolutamente si. Noi siamo di sinistra, di quella che si può definire radicale. Non abbiamo dubbi su questo. È chiaro al nostro interno siamo plurali, ci sono componenti più o meno ideologiche (ci sono alcune associazioni che non si etichettano con una ideologia forte ma che sono di sinistra). Ci ritroviamo nei valori di base della sinistra: primo fra tutti quello della solidarietà; dell’equità sociale; del lavoro; dell’uguaglianza; della lotta alla disuguaglianza e alla devastazione medioambientale. Quindi sinistra nei valori e nelle pratiche quotidiane.
Nel corso degli ultimi mesi, alcuni importanti partiti della sinistra europea (Izquierda Unida, France Insoumise) hanno manifestato il proprio appoggio nei confronti di Potere al Popolo. Avete ricevuto un aiuto concreto, da questi partiti, in vista di queste elezioni politiche?
Molti gruppi politici stranieri si sono interessati a Potere al Popolo. Tra l’altro molti media stranieri hanno parlato di noi. Io credo che sia importante lavorare politicamente sul piano comunitario. Il lato europeo e internazionalista, per noi, è particolarmente importante. Lo scontro mosso contro le classi popolari parte non dal livello locale, ma da quello comunitario (per non dire globale). Pertanto, per contrastare questo attacco, dobbiamo porci a quel livello.
Da quello che si può vedere sulla pagina di Potere al Popolo, il vostro programma si suddivide in 15 punti. Ce lo riassume e può evidenziare le tematiche più rilevanti per Potere al Popolo?
Riguardo al programma, c’è un evidente centralità del lavoro. Vogliamo la piena applicazione della Costituzione (non solo difenderla, come in occasione del 4 dicembre). Piena applicazione significa rimuovere tutti quegli ostacoli materiali che determinano la disuguaglianza sociale. Ciò significa dare servizi sociali; ripristinare una scuola decente, che non sia solo l’anticamera dello sfruttamento; significa mettere in sicurezza i territori. Bisogna lavorare sull’anti-sessimo, la discriminazione di genere, e sull’antirazzismo. So che questo è un punto controverso, perché spesso si tende a ritrovare in chi è più disperato di noi, un nemico da combattere. Per noi è solo un modo per sviare l’attenzione da coloro che ci hanno portati in questo stato.
Altro punto è quello dell’Unione Europea. Secondo noi c’è bisogno di una revisione dei trattati, in primo luogo, rivedere il fiscal compact. L’introduzione del vincolo di bilancio in Costituzione, per noi, è assolutamente da respingere. L’ipotesi di Melenchón ci sembra quella maggiormente percorribile. Altro punto centrale del programma è la ridistrubizione della ricchezza. Bisogna capire che la ricchezza, in questo Paese, esiste. Bisogna smetterla di dare solo finanziamenti alle imprese e far ripartire il Paese facendo in modo che questa ricchezza sia ridistribuita in maniera orizzontale. In primis attraverso uno stop alla compressione dei diritti e alla riduzione dei salari.
Potere al Popolo si rifà alla visione europea di Melenchón. Avete anche dei modelli economici, della sinistra europea, o della sinistra di altri Paesi? (come l’Ecuador di Correa, o il consenso di sinistra del Portogallo)
Noi vogliamo che le scelte economiche dell’Italia non siano vincolate ai diktat europei, che attualmente vanno solo verso la compressione dei diritti, il ribasso dei salari e la distruzione del Welfare State. Dal punto di vista dei modelli, non ci sono riferimenti specifici.
Rimanendo sul programma e temi concreti, qual è la posizione di Potere al Popolo circa droghe leggere e prostituzione? Due elementi che incidono fortemente sull’economia sommersa e che hanno importanti implicazioni sociali.
Noi siamo assolutamente per la liberalizzazione e la legalizzazione delle droghe leggere. È un ragionamento di carattere generale e ideologico, ma ci sembra che il meccanismo per le quali le droghe leggere sono rese illegali, rimpinguano le casse delle organizzazioni criminali. Per difenderci, prima di tutto non dobbiamo fargli fare affari. Ciò vale anche per i centri di accoglienza. I criminali sono quelli che, prima di tutto, fanno i grandi affari: con le droghe, le discariche, l’abusivismo edilizio. Una delle ragioni principali per cui bisogna legalizzare, quindi, è proprio questa qui: evitare che le organizzazioni criminali continuino a fare affari. Per la prostituzione, invece, il dibattito è più complesso e ancora aperto.
Avete assicurato che non farete alleanze con nessuno, qualora riusciste ad entrare in Parlamento. Tralasciando, quindi, questo lato qui, con chi trovate maggiori affinità dal punto di vista teorico e programmatico?
Si, ribadisco che non faremo alleanze con nessuno, se dovessimo superare la soglia di sbarramento. E no, non troviamo affinità con nessuno. So che questo sembra fare di tutta l’erba un fascio. Ma c’è una realtà di fatto: a prescindere da ciò che viene proclamato in campagna elettorale, tanto centrodestra come centrosinistra (e parlo sia di PD che Liberi e Uguali) hanno fatto delle riforme distruttive per le classi popolari, per i lavoratori. Rispetto, poi, ai 5 Stelle, dico che loro sono populisti, noi siamo popolari (esempio su Europa e razzismo, per fare due esempi). Noi ci siamo schierati precisamente: a lato dei poveri, dei lavoratori. Su questo sembra che non ci sia nessuna compatibilità con il Movimento 5 Stelle.
Che sensazioni e aspettative ha per il 4 marzo? Come pensate di proseguire l’attività al di fuori delle Istituzioni?
La nostra attività sul campo non cambierà di una virgola. Continueremo a fare le lotte che già facciamo. Da questo punto di vista non cambierà assolutamente nulla. Ovviamente se riuscissimo ad avere rappresentanza significa poter amplificare queste lotte, queste battaglie: metterle in rete e farle sentire il più il lontano possibile. Il nostro obiettivo, però, è quello di conservare questo patrimonio di lotte e di assemblee, questa di rete di connessioni che si è sviluppata attorno a questo progetto. È forse questa la vera sfida, che è ancor più difficile di quella del 4 marzo.
Intervista ideata e realizzata da Alessandro Faggiano
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