Poste Italiane: buoni fruttiferi, le differenze di capitalizzazione
Poste Italiane: buoni fruttiferi, le differenze di capitalizzazione.
Proseguiamo spiegando gli aspetti principali che riguardano i buoni fruttiferi di Poste Italiane. Occupandoci in particolare delle differenze di capitalizzazione e degli altri aspetti inerenti in materia. Infatti gli interessi dei buoni fruttiferi postali possono essere calcolati in regime di capitalizzazione semplice o in capitalizzazione composto. Da cosa dipende la variazione del regime? Dalla durata dei Bfp, che possono essere di 20 o 30 anni.
Poste Italiane, buoni fruttiferi: durata 20 e 30 anni
Come spiega la Cassa Depositi e Prestiti i buoni ordinari emessi fino alla data del 27 dicembre 2000 (Serie Z) hanno una durata trentennale. Invece, i buoni ordinari emessi successivamente a quella data (a partire dalla Serie A1) hanno una durata di 20 anni. Va ricordato che i buoni fruttiferi postali cessano di essere fruttiferi dal giorno dopo la scadenza naturale del titolo. Per quanto riguarda i buoni ordinari emessi prima del 27 dicembre 2000, quel giorno arriva in quello seguente al compimento del 30° anno solare successivo al giorno di emissione. Il discorso è diverso per i buoni fruttiferi ventennali. Che invece diventano infruttiferi il giorno dopo quello del compimento del 20° anno solare.
Poste Italiane, buoni fruttiferi: differenze tra capitalizzazione semplice e composta
Si parla di regime di capitalizzazione composta quando si parla di calcolo di interessi nei primi 20 anni di emissione. Ciò significa che per i buoni ordinari a 20 anni la capitalizzazione è sempre composta. Per i buoni fruttiferi trentennali, la capitalizzazione si trasferisce in regime semplice a partire dal giorno dopo il 20° anno solare.
Quindi, cosa succede nell’ultimo decennio per i buoni fruttiferi trentennali? Semplicemente, che dal 21° al 30° anno la capitalizzazione diventa semplice e non più composta. In parole povere, dal ventunesimo al trentesimo anno, gli interessi saranno calcolati annualmente in percentuale solo sul capitale versato all’inizio. E dunque non più sugli interessi generati dagli stessi interessi.