La Gelosia, cronaca di un amore e della sua (im)possibilità
Definitivo e instabile. Definitivamente instabile. Questo è l’amore. Cangianti e volubili sono le sue stagioni, ma ad unirle c’è un filo rosso chiamato gelosia, un sentimento a cui nessuno è immune, e che colpisce qualsiasi tipo d’amore, da quello sentimentale a quello genitoriale passando per quello filiale. Ne sanno qualcosa i protagonisti de La Gelosia (titolo originale La Jalousie) (1) di Philippe Garrel, arrivato nelle sale italiane in questi giorni.
Louis (Louis Garrel) ha trent’anni, un matrimonio alle spalle, una figlia di cui occuparsi, e un lavoro da attore di teatro che ancora non gli consente la solidità economica di cui avrebbe bisogno. Così, l’uomo è costretto a vivere in un piccolo appartamento ammobiliato che divide con la compagna Claudia (Anna Mouglalis), attrice momentaneamente disoccupata.
I due sono uniti da una tenera passione condita da una forte intesa mentale, ma questo sembra non bastare. La donna è infatti refrattaria a tutto ciò che circoscrive il suo spazio d’azione, la sua libertà di scelta: mal sopporta il luogo in cui vivono perché troppo piccolo … e non tollera di essere vincolata a un rapporto che preveda la fedeltà. Così, interrompe la relazione, obbligando l’uomo a confrontarsi con l’abbandono. Louis tenta il suicidio, ma sopravvive, e l’unica persona che va a trovarlo è la sorella Esther (Esther Garrel). Per ricominciare gli restano lei, la figlioletta e il teatro.
Gli autori della Nouvella Vague, François Truffaut ed Eric Rohmer su tutti, si sono caratterizzati per la capacità di analizzare, con acutezza e profondità, i sentimenti e le dinamiche relazionali uomo-donna. La loro opera è stata d’esempio per almeno due generazioni successive di registi, tra cui, appunto, Philippe Garrel, che, dopo aver vinto due Leoni d’Argento al Festival di Venezia con Non sento più la chitarra (1991) e Les amants réguliers(2005), è tornato lo scorso anno al Lido proprio con La Jalousie.
Quella per il teatro è una passione esigente, che richiede esclusività, ma che non sempre ricompensa con altrettanta generosità. Lo dimostrano le difficoltà con cui Luis è costretto a fare i conti, giorno dopo giorno, nel quotidiano, e a cui si sommano i problemi di un privato vissuto con trasporto, ma comunque all’insegna della precarietà. Questi sono solo alcuni dei temi sviluppati ne La Gelosia, un film – letteralmente – fatto “in casa”, come spiega il regista. «Se sei un artista, oggi è sempre più difficile fare film. Bisogna fare i conti con budget sempre più modesti, così La Jalousie l’ho girato “in casa”, tra amici, in soli 21 giorni e in bianco e nero. Che non solo è più bello ma rende tutto più facile, la luce, il décor, i costumi… Bisogna fare di necessità virtù. La cultura non è più una priorità della politica, ma il cinema è vivo e l’amore per il cinema c’è ancora. Anche per quello fuori dagli schemi come il mio. Ho speranza per il futuro. Io vivo solo per i film che giro, e per questo ne giro uno dopo l’altro. Come dice Godard, il film deve essere fatto. È una questione di necessità. E di felicità».
La Jalousie è un film fatto in casa anche in senso metaforico: la trama è infatti ispirata a vicende realmente accadute all’interno della famiglia del regista, che, con la madre, subì l’abbandono del padre. Louis Garrel, figlio di Philippe, interpreta il nonno, e il regista assume le sembianze di una bambina. La storia gioca sul binomio interno buio/esterno luminoso: le scene più dolorose sono ambientate nell’angusto bilocale in cui la coppia vive, mentre i fugaci sprazzi di gioia sono legate alle passeggiate di Louis con la figlia, all’interno di un grande parco. Il bianco e nero sottolinea la componente malinconica, a tratti tragica, della vicenda, che comunque non sfocia mai in violenza esplicita (non a caso il tentato suicidio del protagonista si svolge fuori scena).
Philippe Garrel ha scelto di affrontare una serie di temi legati da un minimo comun denominatore quale, appunto, la gelosia, in cui ciascuno può ritrovare un pezzo di sé e della propria esperienza, attingendo spunti di riflessione per il futuro dei propri rapporti. Concludiamo quindi con quanto scritto efficacemente da Maurizio G. De Bonis in proposito:«in bilico tra desiderio e impossibilità di governare e comprendere i sentimenti, La Gelosia è l’ennesimo e ineludibile frammento di un discorso amoroso intorno alla separazione, all’esigenza irrealizzabile dei suoi personaggi di impedire la perdita e subire l’assenza. L’uomo, la donna e la bambina, figure archetipiche che assumono un ruolo centrale nelle opere dell’autore, cercano di trattenere le persone amate il più a lungo possibile, rassegnandosi poi a vederle svuotare l’armadio, preparare la valigia e infilare la porta. I personaggi del primo periodo del cinema dell’autore, volti primordiali e lontani da identità di ruolo riconoscibili, incarnano oggi i volti cari e familiari del genitore e dei figli, Louis e Esther Garrel, metafore in carne e ossa della tensione continua a qualcosa che si sottrae e che si nega. La Gelosia intende allora l’amore come uno stato di allarme incessante che rende il possesso e un “ti amo” definitivo e ultimo impossibile».