Ue: totonomine per la Commissione Juncker
Settimana cruciale per i destini del vecchio continente. Infatti Jean-Claude Juncker, candidato ‘in pectore’ alla guida dell’istituzione che fu di Barroso piuttosto che di Prodi, dopo un lungo periodo di stallo dovuto alle trattative tra popolari e socialisti per una svolta a seguito del sostanziale pareggio tra le case più popolose d’Europa, è ora tenuto a costituire un gruppo il più coeso possibile.
Una Commissione Europea monocolore è impossibile, questo è noto. Ecco perché il lavoro di Junker, adesso, è particolarmente arduo: popolari, socialisti e liberali dovranno convivere in un’unica coalizione guidata dall’ex Primo Ministro lussemburghese. Il primo passaggio, comunque, resta l’elezione formale di Juncker da parte dell’Europarlamento. Prevista per martedì non dovrebbe rappresentare un colpo di scena. Anche perché l’accordo Ppe e Pse sembra abbastanza solido: in cambio dell’esecutivo europeo, Schultz è riconfermato alla guida dell’Parlamento Europeo.
I Socialisti si fanno forti dei numeri e chiedono a gran voce Federica Mogherini agli Affari Esteri della Commissione (Renzi, dall’alto del suo 40,8% – maggior risultato di un singolo partito di sinistra nel Pse – più fare la voce grossa). Ma non è finita: perché la nomina agli Affari Economici sembra essere l’altro tassello voluto dai socialisti. Pierre Masciovi è in prima linea per succedere ad Olli Rehn. Per la crescita e la fine del rigore disumano. Del resto una nomina di questo tipo l’ha anche promessa Juncker. Tutto gira, e bene, in casa socialista. Almeno sembra. I teorici 479 voti sul totale di 759 lo confermerebbero (contrari all’elezione del lussemburghese la sinistra radicale – Gue –, gli euroscettici e la destra). Ma a tener banco è l’assenza di quote rosa: con Barroso erano nove. Con Juncker, molto probabilmente, caleranno ulteriormente.
Daniele Errera