I mercati correggono, appesantiti dai timori scaturiti dalla questione Banco Espirito Santo (BES). La banca portoghese rischia di subire perdite rilevanti per via delle condizioni di uno dei controlli indiretti del Banco, ovvero Espirito Santo International. Si tratta di una perdita potenziale di 1,6 miliardi di dollari.
Non si tratta di una perdita eccezionale, anche considerando che il Banco dovrebbe avere un buffer più che sufficiente per sopportare la perdita, e in ogni caso il governo portoghese non avrebbe problemi a sostenere la banca. Perché dunque questa piccola ondata di panico, specie sui finanziari?
Un aspetto della vicenda fa capire che c’è ancora della polvere sotto il tappeto delle banche che deve essere ripulito dai regolatori. Si tratta della particolare e opaca situazione del gruppo BES: la banca è controllata da due società lussemburghesi, che a sua volta ne controllano un’altra che controlla il BES. Fatto ancora peggiore, il BES finanzia i suoi controllanti, per un importo intorno al miliardo di euro. Questi due fatti (prestiti intragruppo e scatole cinesi) hanno fatto capire improvvisamente ai mercati che il BES è un soggetto fragile ed opaco, e ciò ha scatenato il timore che non sia l’unico soggetto in Europa in situazioni simili.
Il sistema delle scatole cinesi non è vietato (anche in Italia), anche se sembra ormai assodato che queste strutture societarie sono utilizzate per controllare grandi società con piccoli capitali, e ciò, specie nel caso delle banche, finisce per rendere finanziariamente fragili soprattutto le società a valle. Per avere un esempio italiano, si pensi alla scalata di Telecom, in cui la controllante a monte (GPI di Tronchetti Provera) deteneva un capitale minuscolo della società a valle: com’è andata a finire per l’ex monopolista è arcinoto.
La vicenda, in sintesi, lascia intuire che le autorità regolatorie sono ancora piuttosto indietro nel dissipare le ombre sul sistema bancario (ufficiale). Con l’arrivo dell’estate, tempo preferito dai tracolli di borsa, è normale un po’ di nervosismo, anche solo parzialmente giustificato, visto che alcuni passi avanti sono stati fatti.
Passiamo all’agenda macroeconomica: dopo la produzione industriale UE che lunedì non ha destato sorprese (mezzo punto di aumento percentuale su base annua), martedì sarà giornata d’inflazione. Per l’Italia l’indice armonizzato dovrebbe mostrare una crescita anemica dello 0,2 per cento su base tendenziale: l’inflazione obiettivo è circa dieci volte tanto. L’indice ZEW, che tenta di misurare le condizioni economiche attese in Germania e in Europa, dovrebbe segnare un lieve peggioramento. Infine le vendite al dettaglio USA dovrebbero registrare una crescita tutto sommato decente.
Mercoledì è giornata di PIL cinese: le attese sono di poco inferiori al target del 7,5 per cento annuo; inoltre la produzione industriale USA dovrebbe continuare a registrare crescita frazionale.
Giovedì toccherà all’indice dei prezzi al consumo UE: si attendono prezzi fermi su base tendenziale allo 0,5 per cento (0,8 per cento core). Oltre ai soliti jobless claims (attesi i soliti 300mila nuovi richiedenti), il mercato immobiliare USA dovrebbe far registrare una lieve crescita rispetto al mese precedente, anche se la situazione resta tutt’altro che frizzante.
Venerdì la fiducia delle famiglie statunitensi dovrebbe rimanere stabile su livelli relativamente elevati.