Un programma di lotta per le elezioni: Marco Rizzo (PC) in esclusiva per Termometro Politico
Ancora nel 1992, Francis Fukuyama, politologo statunitense di origini nipponiche, aveva decretato la definitiva vittoria del capitalismo e della liberal-democrazia su qualsiasi altro tipo di sistema economico-sociale. Ancora prima, nel 1979, il filosofo Jean François Lyotard dava alle stampe il saggio La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere. In quell’opera, il filosofo francese segnava la definitiva “fine delle grandi narrazioni”: il marxismo, l’hegelismo, tutti i grandi sistemi ideologici avrebbero lasciato spazio ad un’epoca disincantata.
Tuttavia, oggi, almeno in Italia, c’è ancora chi non si è rassegnato. Chi non rinuncia a pensare che certi valori possano ancora avere un ruolo importante per un reale cambiamento della società.
“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo”. È questo l’avvertimento che nel 1848 Karl Marx sceglieva come incipit di una delle sue opere più celebri: il Manifesto del Partito Comunista. Dopo quel monito, molta acqua è passata sotto i ponti. Oggi, a distanza di ormai 170 anni, alcuni eredi di questa tradizione sono rimasti.
Alle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, infatti, tra le liste in lizza ci sarà anche quella del Partito Comunista, il PC, la formazione politica guidata da Marco Rizzo. Un partito radicale, di estrema sinistra, che non esita a definirsi rivoluzionario, marxista-leninista e di avanguardia proletaria. E non pare nemmeno essere disposto a scendere a compromessi con le altre forze della sinistra.
I “comunisti di Rizzo” – così li chiamano i loro detrattori anche a sinistra – hanno raccolto le firme. In poche settimane di campagna hanno racimolato più di 21mila sottoscrizioni. Una quota tuttavia non sufficiente a presentarsi in tutte le regioni. “Complessivamente la nostra lista sarà presente nell’80% delle regioni italiane (16 su 20, ad eccezione di Valle d’Aosta, Trentino, Veneto, Friuli)”, dicono fonti interne al partito.
Il segretario del Partito Comunista in esclusiva: parla Rizzo
Il Partito Comunista, di certo, non vuole figurare come la solita formazione minoritaria della galassia della sinistra. Nato nel 2009 dopo l’espulsione dello stesso Marco Rizzo dal PdCI (Partito dei Comunisti Italiani), del Partito Comunista colpisce il sapiente uso dei social network, nonché di una buona strategia di comunicazione. La pagina Facebook del partito è molto attiva e in essa vengono caricati costantemente contributi video ed immagini che denotano un notevole studio scenico.
La forza principale del partito sta nella FGC, il Fronte della Gioventù Comunista, l’organizzazione giovanile del partito dalle cui file provengono giovani come Alessandro Mustillo, ex candidato sindaco di Roma alle amministrative del 2016.
E dunque, per capire meglio le loro idee, il loro programma e chi siano veramente, noi di Termometro Politico abbiamo incontrato proprio Marco Rizzo, segretario del PC, torinese, classe ’59.
Marco Rizzo, innanzitutto grazie per la sua disponibilità. Per iniziare: come nasce l’esperienza del Partito Comunista?
Grazie a voi. L’esperienza del nostro partito nasce dalla consapevolezza della necessità di un vero partito comunista in Italia, e in particolare dalla critica alle esperienze della sinistra post-comunista e di quella stagione che noi definiamo “opportunista” che ha visto la partecipazione, anche dei precedenti partiti comunisti, ai governi di centrosinistra. Il risultato è stato disarmare i lavoratori, consegnare alla destra le classi popolari, trasformare le forze di sinistra in agenti di banche e Confindustria. Da questa riflessione profonda, che tocca le radici stesse del movimento comunista in Italia siamo ripartiti e oggi abbiamo un partito composto in larghissima maggioranza da giovani. Pochi giorni fa alle elezioni delle scuole superiori a Roma hanno ottenuto il 15% dei consensi. Niente male…
Il 4 febbraio presenterete ufficialmente il vostro programma: quali sono i vostri punti fondamentali per il rilancio del paese?
Per prima cosa il nostro non è un programma elettorale, ma un programma di lotta. La nostra ottica non è tanto rilanciare il paese, quanto porre al centro gli interessi e i diritti dei lavoratori e delle classi popolari. Salario minimo e piena parità salariale per spezzare la competizione al ribasso tra i lavoratori, abolizione delle forme precarie e degli appalti, riduzione dell’orario a parità salariale come risposta alla disoccupazione. Poi ci sono i diritti sociali: diritto a una casa, alla scuola pubblica realmente gratuita, alla sanità per tutti.
E’ un programma che inverte completamente la rotta rispetto a quello che è stato fatto in questi anni da governi di centrodestra e centrosinistra.
Siamo bombardati da promesse, sembra una gara a chi la spara più grossa, ma tanto dal 6 marzo torneranno a parlare di responsabilità, vincoli di Bruxelles e rientro del debito. Noi no, dal 6 marzo continueremo a essere a fianco dei lavoratori nelle piazze, negli scioperi e nelle lotte di tutti i giorni.
Sul vostro sito web campeggiano due moniti: “Contro la UE, contro la NATO, per il socialismo”. Nella pratica, come si esplicherebbe questa alternativa allo spazio economico europeo? Avete in mente un ritorno alla lira?
Siamo contro l’Unione Europea perché è un’organizzazione internazionale fatta su misura degli interessi della grande finanza, che non può essere riformata. Ogni illusione sulla riformabilità e sul cambiamento dall’interno della UE finisce per naufragare, come ha dimostrato la Grecia. Noi lottiamo per un’Italia socialista, dove il potere sia nelle mani dei lavoratori, e questo è incompatibile con la permanenza nell’Unione Europea e nella Nato che sono gabbie che imprigionano le classi popolari. Non si tratta di schierarsi nella disputa tra padroni italiani e padroni stranieri, non vogliamo l’uscita dalla UE per il semplice ritorno al prima, ammesso che sia storicamente possibile. Un’Italia socialista non delegherebbe pezzi della propria sovranità a istituzioni internazionali, avrebbe una propria moneta, dirigerebbe la propria economia, sfrutterebbe le contraddizioni nel campo internazionale per trarne vantaggio.
Sul piano dei rapporti internazionali la vostra posizione sulla Corea del Nord ha fatto discutere. Ammesso che Kim Jong Un voglia la pace – come sostenuto da lei in un’intervista a La Riscossa – rispetto alle notizie di violazione dei diritti umani che provengono da quel Paese, come vi ponete?
Come ho detto più volte noi non condividiamo tutto del modello della Corea del Nord. Esistono fattori storici, culturali che ci dividono, altre questioni su cui sentiamo di dover difendere quel paese da un attacco puramente propagandistico e condotto a suono di bufale, spacciate per verità da tutti i media. Sulla questione dei diritti umani non siamo d’accordo con quanto viene detto dalle agenzie internazionali. Sappiamo che nel mondo esistono due pesi e due misure e che l’arma dei diritti umani è utilizzata da sempre a pretesto della copertura di interessi di altra natura. Tanto per essere chiari nessuno imputa a Renzi e Gentiloni le violazioni dei diritti umani fatte dagli Stati Uniti o dall’Arabia Saudita con cui l’Italia stringe accordi commerciali e militari.
Rispetto al tema dei diritti civili, il Partito Comunista che opinione ha? Li considera una questione prioritaria come le forze del centro-sinistra?
Siamo per combattere ogni forma di discriminazione e quindi appoggiamo i provvedimenti che vanno in questa direzione. Però abbiamo l’impressione che il tema dei diritti civili sia utilizzato spesso come arma di distrazione. Centrodestra e centrosinistra hanno la stessa visione sugli indirizzi economici di fondo, votano insieme le direttive europee, e poi tentano di marcare le differenze tra di loro in questo modo. A sinistra soprattutto il tema dei diritti civili ha completamente sostituito quello dei diritti sociali, e questo per noi è inaccettabile.
Molti esponenti di altre forze della sinistra (Potere al Popolo ad esempio) sosterrebbero che siete “settari”. Come mai non è stato raggiunto un accordo per la formazione di una lista unica?
Queste accuse le respingiamo volentieri al mittente. Avevamo avanzato una proposta chiara: unità comunista. Sono state fatte altre scelte anche da parte di molti che si definiscono comunisti. Ne prendiamo atto e proseguiamo sulla nostra strada. La differenza tra i due percorsi è totale. Loro guardano a un modello di sinistra generica, come quella che voleva Occhetto, come quella di Tsipras in Grecia.
Non mettono in discussione il sistema capitalistico ma propongono dei correttivi, non parlano chiaramente di uscita dall’Unione Europea ma di revisione dei trattati che non significa nulla.
Potrei andare avanti sui punti del programma, ma la questione è prima di tutto il fine ultimo. E’ un’operazione elettoralistica al pari dell’Arcobaleno, della lista Ingroia e di tutte le strade fallimentari percorse dalla sinistra in questi anni. Il loro sponsor è De Magistris, lo stesso che da sindaco attacca i lavoratori in sciopero chiedendo tolleranza zero. Per noi le elezioni sono uno strumento per costruire il Partito. Con la campagna elettorale vogliamo far avanzare la consapevolezza della necessità di un cambiamento rivoluzionario che abbatta questo modello di sistema.
In ultima, a scanso di coloro che sostengono la fine delle ideologie, perché l’Italia nel 2018 avrebbe bisogno di un forte e solido Partito Comunista?
Perchè la sinistra abbandonando l’orizzonte comunista ha tradito i lavoratori. Quando in Italia c’era un forte e radicato Partito Comunista i lavoratori avevano una guida in grado di difendere i loro interessi. Oggi tutti i diritti strappati con anni di lotte vengono cancellati a uno a uno.
Pensa che un imprenditore avrebbe potuto delocalizzare le sue aziende e licenziare i lavoratori con la stessa facilità con cui abbiamo perso il 25% di produzione industriale, con un forte partito comunista?
Durante la resistenza i comunisti impedirono persino ai nazisti armati di farlo, oggi ci sono riuscite le leggi europee. Il 1989 non ha chiuso la storia ma aperto un periodo di transizione. Il capitalismo non è in grado di risolvere le profonde crisi sociali che ha generato. Pochi capitalisti detengono la stessa ricchezza di miliardi di persone. Sfruttamento delle risorse, immigrazione, guerra, disoccupazione: ecco cosa ha prodotto il capitalismo. Il socialismo oggi è più attuale e necessario che mai.