Macerata, ovvero: la paura fa votare
DAL BLOG: Macerata, ovvero: la paura fa votare
Immigrati contro autoctoni, antifascisti contro leghisti, e soprattutto moderati contro violenti… Queste sono alcune delle contrapposizioni che si stanno riaccendendo – come da copione – anche questa volta, a ridosso della campagna elettorale per le politiche che si terranno il prossimo 4 marzo 2018. In evidente difficoltà, quando non sanno come e dove prendere altri voti, le forze politiche tendono a strumentalizzare in vario modo questioni reali – più o meno grandi, talvolta persino con morti – che diventano paura e fobie collettive.
Dal treno deragliato agli eventi di Macerata: tutti sciacalli in azione
Prendo due esempi pratici, per capirci. Innanzitutto la commedia degli equivoci seguita al deragliamento del treno Trenord tra Pioltello e Segrate, lo scorso 25 gennaio. Il sindaco di Milano Beppe Sala: “È brutto dire che è andata quasi bene […] i morti potevano essere molti di più”. Subito la replica del deputato Danilo Toninelli (M5S): “Sala si deve vergognare! Tre morti e tanti feriti, anche gravi, sono un’enorme tragedia che si poteva e si doveva evitare!”. La replica su twitter, senza riferimenti puntuali alla dichiarazione di Sala, gli si è rivoltata contro; c’è chi si è indignato, chi ha evidenziato l’ignoranza: davvero Toninelli non sa che Sala non è responsabile dei binari? Se lo sa – è evidente che lo sa – è uno sciacallo. Grillini all’attacco: “Sciacallaggio”. Accuse di sciacallaggio al cubo: sciacallaggio su Toninelli che avrebbe sciacallato su Sala che avrebbe sciacallato sui morti…
Per ultimo, Macerata. Un nigeriano è stato accusato di omicidio e di occultamento di cadavere di una diciottenne romana di nome Pamela. La vicenda ha risonanza mediatica e suscita indignazione. Proprio a Macerata giunge alle orecchie di un ventottenne, già candidato alle amministrative per la Lega Nord. “Ero in auto e stavo andando in palestra quando ho sentito per l’ennesima volta alla radio la storia di Pamela. Sono tornato indietro, ho aperto la cassaforte e ho preso la pistola”, avrebbe dichiarato. Tentata strage. Sei ragazzi provenienti dall’Africa subsahariana (Mali, Gambia e Nigeria) sono rimasti feriti. Poche ore dopo, un corteo antifascista già in programma ha visto sfilare 5000 persone a Genova; anche persone che non mi sarei mai aspettato sono scese in piazza o mi hanno detto che avrebbero voluto parteciparvi. Resta però qualche vetrina rotta.
La paura fa votare
Tornando al discorso strumentalizzazioni, non è mia intenzione fare del complottismo: la maggioranza di questi problemi ovviamente non è creata da partiti né da forze politiche; semplicemente c’è chi all’interno di essi li cavalca, senza neppure pensarci troppo. Stare zitti pare non sia contemplato; il vuoto in politica verrebbe riempito da qualcun altro, si pensa. Tutti inconsciamente sperano di polarizzare lo scontro per smobilizzare la situazione di stallo con una maggioranza di italiani costituita da indecisi e astenuti. “L’imperativo è convincerli a votare”, come diceva ieri per strada un militante che mi ha dato un volantino elettorale.
I livelli di polarizzazione dello scontro
Se, invece, con un orante o perlomeno decoroso silenzio, provassimo a rispettare innanzitutto le vittime? Basterebbe affidare alla giustizia chi avesse commesso reati. E se ci sottraessimo ad ogni coinvolgimento, anche sui social, che possa renderci carburante per gli opposti estremismi? Ai miei occhi senz’altro è estremismo anche il “moderatismo” che vuol far convergere in un centro governativo le forze “tranquille” contro lo spauracchio dei “violenti” di ambo le parti genericamente intese.
Di certo non è una novità questo modo di creazione del consenso, con più livelli di polarizzazione. C’è chi ha paura dello straniero, e spara. C’è chi ha paura di chi spara, e grida in piazza; qualche vetrina rotta. E infine c’è chi ha paura di chi grida, e si fa coccolare dalle promesse di tranquillità. Non c’è insomma, solo la xenofobia. Si verifica la tempesta e questi tre pozzi della paura si riempiono contemporaneamente d’acqua; ciascuna forza politica attinge al proprio.
Siamo esseri razionali o bacini di voto?
Perciò bisogna fare in modo di non essere risucchiati da questa triplice paura, per evitare di scioglierci in un “bacino di voto”. Eppure basterebbe la ragione, che di certo non esclude il cuore. Sarebbe sufficiente la verità, alla quale anche noi giornalisti dovremmo tendere; impresa impossibile? Quel che propongo non è affatto un lavarsi le mani, si badi: non è indifferenza, ma tensione alla vera libertà e alla vera partecipazione politica. Misuriamoci la febbre: se gli eventi degli ultimi giorni ci avessero convinto maggiormente a (non) votare un dato partito, allora il contagio è già avvenuto. La buona notizia è che si può guarire!
Piotr Zygulski per il blog Nipoti di Maritain