Campagna elettorale 2018: le strategie dei partiti verso il 4 marzo
Mancano solo quattro settimane alle urne e ci troviamo nel pieno della campagna elettorale. Una delle “più strane della storia d’Italia”, secondo il giudizio di alcuni analisti e giornalisti che ci guardano da fuori; sì perché, in effetti, se si passa la lente d’ingrandimento su apparentamenti, coalizioni, programmi e alleanze, di stranezze ce ne sono a sufficienza. Sempre se vogliamo definire come “stranezza” la poca chiarezza di intenti della maggior parte delle forze politiche in campo verso il voto del 4 marzo.
Campagna elettorale: Europa sì, Europa no
Uno dei principali temi su cui si concentravano le preoccupazioni esterne, e su cui continua ad accentrarsi il dibattito tra coalizioni, partiti e candidati, e che soprattutto crea le maggiori divergenze tra le forze politiche, è proprio l’Europa. Di fatto però su questo tema i toni, inizialmente alti ed estremamente critici, via via che ci si avvicina alla data delle urne diventano più morbidi. Il primo partito che ha cambiato la sua posizione sull’Europa – considerata la più temibile per i vertici di Bruxelles – è stato il M5s.
L’allora leader del moVimento, Beppe Grillo, nel 2013 non aveva lasciato spazio a dubbi circa la permanenza o meno dell’Italia all’interno dell’eurozona; ad oggi invece quelle parole, come anche la promessa di un referendum per l’uscita dall’euro, sembrano lontane anni luce. Sotto questo punto di vista – ma anche altri – chi ha operato il restyling del moVimento è Luigi Di Maio, persona totalmente diversa dal comico genovese.
Nei toni, nei modi e, ad oggi, anche negli obiettivi del programma elettorale. Tanto che anche l’Europa stessa comincia a guardarlo con più simpatia. La nota negativa è però quella che vede sconfessare tanti dei “credo” che erano alla base del M5s; come la trasparenza di base, la legalità come valore fondamentale e la promessa di una maggiore partecipazione dei cittadini nella scelta dei candidati per il Parlamento. Di fatto, a parlamentarie svolte, il candidato di Pomigliano D’Arco si è poi riservato il privilegio di avere l’ultima parola; tagliando cioè dalla lista chi non era di suo gradimento.
Campagna elettorale: alleanze fragili o non definite
Stesso discorso ha riguardato il Pd di Matteo Renzi, sempre in tema di scelta dei candidati. Anche lui sembra non aver rispettato gli standard di trasparenza promessi; tali selezioni avrebbero dovuto esser fatte attraverso le primarie, ma il segretario dem ha poi preferito occuparsene da solo. Ed ha inserito nelle liste anche persone con un assente, o quasi, passato in partiti o coalizioni di centrosinistra. Questo in vista di un nuovo patto del Nazareno con gli azzurri di Forza Italia? E’ tutto da vedere, ma le possibilità di un nuovo governo di larghe intese non sono poi così recondite. Soprattutto perché, ad oggi, nessuna delle coalizioni, da sola, avrebbe i numeri per costruire una maggioranza a sostegno di un nuovo esecutivo.
Altro punto non chiaro infatti, al di là delle coalizioni – così come sono state “confezionate” finora – sono le alleanze post voto. Luigi Di Maio, leader di un moVimento che ha sempre negato qualsiasi possibilità di alleanze con gli altri partiti, ora si dice aperto al dialogo; anche se, per ora, non è ben chiaro con chi e su quali temi. Stessa incertezza regna all’interno della coalizione di centrodestra. Silvio Berlusconi, tornato a fare campagna elettorale per Forza Italia, ha stretto una fragile alleanza con la Lega di Matteo Salvini. Di fatto i due hanno visioni diverse su molti punti rilevanti del loro programma: l’Europa, l’euro, la legge sulle pensioni, la flat tax.
In conclusione possiamo dire che questa campagna elettorale al momento scarseggia di certezze, ma un po’ meno di strategie. Perché comunque ogni forza politica, in vista di un risultato incerto e ben poco netto, sta cercando di trovare il modo di tenersi vicino, quando sarà, il carro del vincitore.
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