Influenza 2018: vaccino universale in fase 2, come funziona.
Siamo davvero più vicini a un vaccino universale? La influenza 2018 ha messo a letto milioni di italiani. Con il picco in diminuzione, tuttavia, l’epidemia di questo inizio anno è stata particolarmente aggressiva. Da qui si è tornati a parlare della possibilità di un vaccino universale. Il vaccino, pur essendo molto utile, non garantisce una copertura al 100%; ma resta comunque una misura preventiva fondamentale per non correre il rischio di essere allettati in preda ai classici sintomi influenzali.
Ad esempio, chi quest’anno si è prevenuto con vaccino quadrivalente, non ha subito gli effetti dell’epidemia influenzale 2018. Da qui la necessità di un vaccino antinfluenzale universale, che da utopia potrebbe diventare presto realtà. Come riporta Repubblica, infatti, la Vaccitech (Università di Oxford) ha ricevuto un finanziamento di 30 milioni di dollari circa da Google per avanzare alla fase 2 dei test sul vaccino universale. Un vaccino in fase molto avanzata, visto che entro il 2020 dovrebbe essere testato su circa 2 mila persone.
Influenza 2018 e vaccino universale: ecco come funziona
Il quotidiano romano ha chiesto lumi al professor Francesco Vitale, docente di Igiene e Medicina preventiva, nonché presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo. Vitale ha spiegato che i vaccini tradizionali sono composti da due antigeni, ovvero due proteine esterne, che hanno lo scopo di sollecitare la produzione degli anticorpi. La mutazione del virus, che avviene ogni anno, rende più difficile la copertura al 100% del vaccino tradizionale. A differenza di quest’ultimo, il vaccino universale sperimentato a Oxford si basa sulle proteine interne, che non subiscono alcuna mutazione. In questo modo il vaccino universale andrebbe agire sulle componenti interne del virus, immutabili, anziché su quelle esterne, che invece possono cambiare in continuazione.
Influenza 2018: siamo davvero vicini al vaccino universale?
La domanda è lecita, perché dall’utopia alla realtà, dalla teoria alla pratica, ce ne passa di spazio e tempo. Certamente toccherà attendere la sperimentazione sulle persone e l’efficacia degli effetti su di esse. Da Vaccitech risultano comunque ottimisti, visto che intendono commercializzare il prodotto nel 2024-2025, ovviamente se le cose dovessero andare bene.
Tuttavia, c’è un’altra speranza in giro di vedere un vaccino universale. Lo ha riportato a metà gennaio uno studio pubblicato su Science da un team di ricercatori dell’UCLA. Questi ultimi hanno studiato un vaccino in grado di innescare una forte risposta immunitaria senza far ammalare gli animali colpiti dal contagio. Questa versione del vaccino, peraltro, stimola una “forte reazione dei globuli bianchi, chiamati cellule T”, che garantisce una protezione a lungo termine rispetto ai tradizionali vaccini.
Come riporta Le Scienze, la differenza sta nel fatto che gli attuali vaccini usano virus morti per la loro efficacia protettiva. Il vaccino “universale” sperimentato dalla UCLA “usa un virus vivo, provocando una risposta anticorpale e un’immunità cellulare T”. O almeno questo è quanto avvenuto su furetti e topi di laboratorio. Anche qui però, dalla teoria alla pratica ce ne passa. E prima di diventare un possibile “vaccino universale” bisognerà effettuare le sperimentazioni sugli esseri umani e valutare se l’efficacia sia contro ogni tipo di virus.
Insomma, forse non siamo ancora molto vicini alla creazione di un vaccino universale. Ma ciò che è certo è che ci si sta provando. E con esiti a volte al di sopra delle aspettative.