(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
Il ‘cessate il fuoco’ fra Israele e Hamas è durato soltanto 6 ore, dopo 8 giorni di guerra durante i quali sono stati numerosi morti. La proposta di ‘cessate il fuoco’ era stata avanzata dal Presidente egiziano Abd al-Fattah Khalil al-Sisi, pressato dal Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America.
La proposta prevedeva una tregua che sarebbe dovuta partire, appunto, dalla mattina di martedì, basandosi su alcuni punti fermi: la consegna da parte di Hamas delle riserve di razzi e lo smantellamento di tutti i tunnel fra la Striscia di Gaza e Israele; la liberazione dei 56 uomini operativi di Hamas, riarrestati da Israele in Cisgiordania dopo il rapimento dei tre ragazzi ebrei e liberati in cambio del rilascio del militare israeliano Gilad Shalit; la riapertura del valico di Rafah fra la Striscia di Gaza e l’Egitto; il denaro per pagare gli stipendi dei circa 40.000 impiegati di Hamas a Gaza.
La risposta di Hamas alla proposta egiziana è stata chiara: alla tregua unilaterale attuata da Israele dalle ore 9 di ieri, Hamas ha risposto con un lancio di razzi sul territorio dello Stato israeliano, e uno di questi ha colpito la città di Ashdod, nel sud del Paese. Il rifiuto di Hamas è maturato dopo una discussione fra i propri dirigenti: “Se il contenuto di questa proposta di tregua è quello che sembra, si tratta di una resa e noi la rifiutiamo senza appello. La nostra battaglia contro il nemico si intensificherà”, sono state le parole del comunicato diffuso dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, ovvero il braccio militare di Hamas.
La reazione israeliana non si è fatta attendere: immediatamente sono stati ripresi i raid da parte dell’aviazione israeliana. Secondo quanto dichiarato dal ministro israeliano degli Affari Esteri, Avigdor Lieberman, non è escluso un possibile intervento via terra che aprirebbe altri scenari a livello geopolitico con conseguenze assai destabilizzanti per un’area che è già compromessa dalla crisi in Siria
Intanto, l’Europa cerca di ritagliarsi un ruolo in questo conflitto: sempre più spesso negli ultimi anni l’intervento europeo è stato marginale, o comunque appiattito a interessi di attori regionali più forti. Nel Vicino Oriente si è recato il ministro italiano degli Affari Esteri, Federica Mogherini che ha dichiarato la necessità di un immediato “cessate il fuoco” fra le due parti e ha incontrato, inoltre il suo omologo tedesco, Frank-Walter Steinmeier.
Ovviamente sarà chiaro attendere un possibile intervento da parte degli Stati Uniti d’America per valutare la possibilità di altri margini per una nuova trattativa fra Israele e Hamas. Intanto, però, in questo gioco di posizioni le vittime, soprattutto fra la popolazione civile, continuano a salire. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal Primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu, questi numeri potrebbero peggiorare: “Hamas pagherà il prezzo per la decisione di continuare l’escalation. […] Chiunque cerchi di danneggiare Israele sarà a sua volta colpito. Eravamo pronti a risolvere diplomaticamente questo conflitto ma Hamas non ci ha lasciato altra scelta”.
Vittorio D’Aleo
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)