Elezioni politiche 2018: candidati Camera e Senato condannati – infografica
Elezioni politiche 2018: candidati Camera e Senato condannati – infografica.
Con l’avvicinarsi del giorno delle elezioni politiche 2018 e il blackout sui sondaggi, a far parlare sono ancora loro: i candidati inseriti nelle liste dei partiti. Nella sua rubrica di inchiesta sul Corriere, Milena Gabanelli ha rispolverato la Legge n. 190 del 6 dicembre 2012; ovvero la cosiddetta Legge Severino. Che stabilisce i criteri di non candidabilità alla Camera e al Senato, in base alle tipologie delle eventuali condanne in via definitiva, in primo o in secondo grado.
Elezioni politiche 2018: i non candidabili secondo la Legge Severino
Secondo la Legge non possono essere candidati alla Camera e al Senato:
- Condannati in via definitiva a più di 2 anni di reclusione per reati non colposi contro la PA, come peculato o corruzione; associazione per delinquere; associazione mafiosa e terrorismo.
- Condannati per reati punibili con almeno 4 anni di reclusione.
La Legge stabilisce anche che qualora il criterio di incandidabilità sopravvenga durante il mandato, la Camera dovrà votare la decadenza. E inoltre, che a livello locale e regionale, per non essere candidabile sarà sufficiente una condanna in primo grado.
Fonte: Dataroom – Corriere.it
Elezioni politiche 2018: candidati condannati in via definitiva
Di seguito la Gabanelli passa in rassegna coloro i quali hanno ricevuto condanne in via definitiva, ma che si trovano comunque candidati nelle liste dai loro partiti.
- Paolo Romani: nel 2012 da assessore all’Urbanistica del Comune di Monza, aveva in dotazione un cellulare che usava la figlia. In 4 mesi 9.800 euro. Una volta scoperto, provvede a restituirli. Recentemente è stato condannato in via definitiva per peculato. Tuttavia la tempistica stabilita dalla condanna (inferiore ai 2 anni) gli permette di essere candidato. E infatti è capolista al Senato per Forza Italia.
- Domenico Scilipoti: reo di aver prodotto documenti falsi per evitare di pagare un debito di oltre 200 mila euro, anche a lui è stata riservata una condanna in via definitiva. Attualmente è candidato al Senato con Forza Italia.
- Salvatore Sciascia: condannato in via definitiva a 2 anni e 6 mesi nel 2001 per tangenti alle Fiamme Gialle. È stato poi riabilitato 4 anni più tardi dal Tribunale di Milano e ha proseguito l’attività politica nel 2008 e nel 2013 come candidato al Senato. Ci riproverà anche nel 2018, sempre con Forza Italia.
Fonte: Dataroom – Corriere.it
Elezioni politiche 2018: candidati condannati in primo e in secondo grado
Quindi si passa ai condannati in primo e in secondo grado, comunque candidati dai loro partiti nelle liste.
- Umberto Bossi: condannato in primo grado a 2 anni e 3 mesi per avere illecitamente usato i rimborsi elettorali del suo partito al fine di “coprire spese di esclusivo interesse personale”. Oggi è candidato al Senato con la Lega.
- Roberto Formigoni: condannato in primo grado a 6 anni e interdetto dai pubblici uffici per corruzione. In cambio di vacanze e viaggi gratis, assicurava rimborsi al San Raffaele e alla Fondazione Maugeri. Candidato al Senato con Noi con l’Italia.
- Ugo Cappellacci: condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi a causa della bancarotta della Spet Italia. Attualmente è capolista alla Camera per Forza Italia.
- Antonio Angelucci: condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi per falso e tentata truffa, avendo tentato di conseguire fondi all’editoria per i suoi quotidiani. Candidato alla Camera con Forza Italia.
- Urania Papatheu: condannata in primo grado a 1 anno e 6 mesi per avere impropriamente utilizzato la carta di credito dell’Ente Fiera di Messina di cui era commissaria. Oggi è capolista per Forza Italia al Senato.
- Michele Iorio: condannato in secondo grado a 6 mesi e a 1 anno di interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio. Decaduto da consigliere regionale del Molise, è stato poi candidato al Senato da Noi Con l’Italia proprio per il Molise.
Fonte: Dataroom – Corriere.it
Elezioni politiche 2018: candidati condannati candidabili o no?
Va precisato che nessuna delle persone sopraccitate risulta incandidabile in base ai criteri imposti dalla Legge Severino. Detto questo la Gabanelli si chiede se sia più importante il diritto del singolo o l’istituzione che quel singolo andrà a rappresentare? La giornalista sa di entrare nella sfera etica e di responsabilità dei partiti; scaricandone il peso su chi ha fatto queste scelte. “Essendo i partiti e non gli elettori a scegliere chi andrà in Parlamento era necessario metterli in lista per le elezioni del 4 marzo?”, è la domanda della giornalista.
Il concetto espresso dalla video inchiesta risulta comunque lapalissiano. La fiducia dei cittadini (e di chi andrà a votare) italiani nei confronti delle istituzioni politiche passa anche da qui.