Elezioni 4 marzo 2018: nello studio sulle coperture, promossa solo +Europa
Oggi vi presentiamo uno studio approfondito dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani (CPI) della Cattolica di Milano. Il report, elaborato in previsione delle elezioni del 4 marzo, analizza le misure espansive proposte e rispettive coperture delle maggiori forze politiche in gioco. I risultati sono certamente interessanti, in quanto rileva la oggettiva difficoltà nel portare a compimento tutti i punti del programma elettorale. La gran parte dei partiti e coalizioni non garantisce le coperture adeguate, almeno secondo lo studio dell’Osservatorio.
Si premette che lo studio, per quanto accurato, può non aver considerato gli indotti direttamente derivati da alcune misure espansive. In questo senso, +Europa, che presenta il programma più austero, è anche l’unica formazione che riesce ad equilibrare tagli e incrementi.
Lo studio, inoltre, analizza anche la prospettiva del rapporto deficit/PIL alla fine della legislatura, nel 2022, qualora si seguissero pedissequamente i programmi proposti dalle forze politiche considerate. Secondo lo studio della Cattolica, il M5S farebbe crescere il rapporto deficit/PIL più di tutte le altre compagini.
Elezioni 4 marzo 2018: studio sulle coperture, bocciato M5S
Iniziamo dallo studio sulle coperture. Come citato anteriormente, il Movimento 5 Stelle si guadagna la “maglia nera”. Le misure espansive proposte dal 5S costerebbero poco più di 103 miliardi di euro annui. I maggiori costi deriverebbero dall’abolizione della riforma Fornero (21 miliardi di euro), l’abolizione delle tasse per i redditi fino a mille euro (14 miliardi), la spesa per le famiglie (17 miliardi) e l’ormai celebre reddito di cittadinanza (quasi 15 miliardi). Il M5S propone, inoltre, un forte incremento degli investimenti produttivi, ipotizzando una iniezione dal valore di 10 miliardi di euro.
Le coperture evidenziate nel programma dei pentastellati sfiorano, però, solo i 40 miliardi di euro. Due, le voci che pesano di più rispetto alle altre: la riduzione della tax expenditures (14,3 miliardi di euro) e la riforma delle pensioni (10,5): quest’ultima andrebbe necessariamente associata all’abolizione della Fornero.
I tagli alla spesa della Pubblica Amministrazione e agli sprechi della politica (affitti d’oro, auto blu, pensioni d’oro) valgono 4,1 miliardi di euro. La famosa tassazione sul gioco d’azzardo potrebbe valere fino a 1 miliardo di euro in più all’anno. Infine, spicca la tassazione a banche e istituti assicurativi (2 miliardi) e l’effetto indotto dalle maggiori spese (che si ferma ai 3,5 miliardi).
Nel complesso, al M5S mancano 65 miliardi di euro per coprire le misure espansive proposte nel proprio programma elettorale (stando, come detto, alle stime dell’osservatorio CPI).
Elezioni 4 marzo 2018: centrodestra, piano più ambizioso ma irrealizzabile
Al penultimo posto troviamo la coalizione di centrodestra, composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia. Per il centrodestra, pesa tantissimo l’introduzione della flat tax, che comporterebbe una riduzione delle entrate pari a 64 miliardi di euro. È questa la misura espansiva più esosa tra tutti i programmi analizzati. Sul podio delle misure espansive troviamo anche l’abolizione della Fornero (anche qui, ovviamente, dal costo di 21 miliardi di euro) e il reddito di dignità (23 miliardi di euro). L’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro costa 4 miliardi; meno dell’eliminazione del bollo auto (6 miliardi). Il piano Marshall per l’Africa, tanto voluto da Berlusconi, costerebbe 1,4 miliardi. Degno di nota il gran incremento voluto alla voce “spese per la difesa”: la coalizione di centrodestra propone una iniezione di fondi per 9,1 miliardi di euro. Se si include il miliardo e mezzo in più per le forze dell’ordine, la spesa aggiuntiva per la sicurezza arriva alla doppia cifra (sempre rimanendo nell’ordine dei miliardi di euro). Nel complesso, le misure espansive del centrodestra valgono 136,2 miliardi di euro.
Elezioni 4 marzo, centrodestra trova oltre 80 miliardi di coperture, ma non bastano.
Le voci per le coperture del centrodestra sono meno rispetto a quelle del M5S. Quella che pesa di più è l’eliminazione dela tax expenditures, che porterebbe a un indotto di 64 miliardi di euro. La riforma delle pensioni proposta dalla coalizione di centrodestra varrebbe 10 miliardi e mezzo: un valore molto simile a quello del piano economico dei pentastellati. Anche l’effetto indotto dalle maggiori spese è praticamente identico: 3,5 miliardi. Infine, pesa la riduzione della spesa per i migranti, dalla quale si risparmierebbero 4,3 miliardi. Nel complesso, il centrodestra trova 82,4 miliardi di copertura, a fronte dei 136 di misure espansive. Un divario di 53,8 milardi di euro.
Elezioni 4 marzo 2018, coperture economiche: anche LeU paga dazio
Un gradino più su, nella speciale classifica delle coperture economiche dell’Osservatorio CPI, troviamo Liberi e Uguali. Rispetto a M5S e centrodestra, le voci di misure espansive e delle coperture sono decisamente distinte.
Le misure espansive di LeU costerebbero 101 miliardi (per anno). Sono 4 le voci più importanti e maggiormente gravose: la prima è l’abolizione delle imposte sul capitale (che comporterebbe una perdita di 31,2 miliardi di euro annui). La riforma dell’IRPEF e lo strumento unico di sostengo alle famiglie costerebbero 20 miliardi ognuno. Infine, l’investimento pubblico al 3% del PIL comporterebbe una iniezione di fondi pari a 19,7 miliardi. La tanto discussa proposta di abolire le tasse universitarie è economicamente viabile e non comporta una spesa importante: solo 1,9 miliardi. Pesano un po’ di più l’aumento delle risorse nella sanità pubblica (3 miliardi) e l’allargamento della REI (2,7 miliardi). Poi, voci come la gratuità dell’asilo nido; l’abolizione del super ticket e lo sblocco del turnover nelle PA ha un peso tutto sommato limitato: 2,5 miliardi di euro l’anno per tutte e e tre le manovre.
Elezioni 4 marzo, LeU in negativo di 48 miliardi
Il piano di LeU non riesce a garantire le coperture necessarie. La voce più importante per il reintegro è l’imposta di equità, che andrebbe a colpire i patrimoni più sostanziosi. Una riforma che potrebbe valere quasi 30 miliardi di euro annui. Considerando l’introduzione di uno strumento unico di sostegno alle famiglie, LeU propone l’eliminazione sia delle detrazioni dei carichi familiari (12,8 miliardi), sia gli assegni familiari (6,3 miliardi), sia il bonus bebè (dal valore di solo 1 miliardo di euro annui). Una somma che, indicativamente, raggiunge quella del costo per lo strumento unico di sostegno alle famiglie.
Infine, si segnala la riduzione delle spese militari, che comporterebbe una riduzione della spesa per la difesa pari a 3,2 miliardi annui.
Nel complesso, a Liberi e Uguali mancano 48 miliardi per poter garantire la piena solvenza delle misure espansive proposte.
Elezioni 4 marzo, coperture economiche: il PD non taglia
Stando al programma del PD, non ci sarà alcun taglio alla spesa pubblica. Pertanto, le misure espansive – sempre secondo il programma – non saranno bilanciate da una sforbicata ad altre voci. Le misure espansive proposte dal partito di Governo sono varie e variegate, con nessuna misura che supera, singolarmente, i 9 miliardi di euro. La più esosa è quella che prevede l’assegno mensile per il figlio a carico, che può costare proprio 9 miliardi di euro annui. Poi, l’investimento in grandi opere (5 miliardi), e l’incremento per il fondo sanità (3 miliardi); la riduzione del costo dei contributi, dell’Ires e dell’Iri tocca, nel complesso, i 5,1 miliardi di euro. L’aumento dell’indennità di accompagnamento vale 2 miliardi. Lo stesso costo riservato agli interventi per le periferie e per il raggiungimento di una maggiore efficienza energetica. Mezzo miliardo dedicato all’assunzione di ricercatori e 400 milioni per l’assunzione di forze dell’ordine e vigili del fuoco. Infine, sotto la voce “altri spese” (2,2 miliardi) rientrano le detrazioni per l’affitto dei giovani, l’ APE social, il credito d’imposta e il programma Industria 4.0.
Elezioni 4 marzo: nessun ritocco alla spesa per il PD
Nel complesso, le spese aggiuntive del PD proposte per la prossima Legislatura toccano i 38,6 miliardi annui. L’unica voce inserita nelle coperture è quella legata agli effetti indotti da maggiori spese: una cifra molto bassa (400 milioni) rispetto a quella evidenziata da M5S e centrodestra. Tirando le somme, al PD mancano 38,2 miliardi di euro per coprire i nuovi investimenti promessi nel manifesto elettorale.
Elezioni 4 marzo, coperture economiche: +Europa quasi in pari
Infine, menzione di merito per +Europa di Emma Bonino. Il partito più europeista della competizione elettorale è l’unico che riesce a trovare quasi tutte le coperture alle misure espansive proposte. Una voce pesa più di altre, per quanto riguarda l’incremento della spesa/riduzione della tassazione: parliamo dela riduzione delle aliquote IRPEF. Una riduzione che costerebbe, alle casse statali, 45,4 miliardi annui. La riduzione dell’IRES pesa circa un decimo della riduzione IRPEF, costando 4,7 miliardi per mancati introiti.
Dall’altro lato – quello degli investimenti – ampio spazio agli investimenti in ricerca (7 miliardi di euro). Poi, la riforma del Welfare, che costerebbe 5 miliardi di euro all’anno. Le altre voci sono sostanzialmente minoritarie: l’allargamento dei regimi di minimi delle partite IVA (2,1); l’aumento del fondo sociale europeo (1,7 miliardi), il fondo centrale di garanzia (2 miliardi), il rafforzamento degli istituti tecnici (400 milioni) e il rifinanziamento del piano Made In Italy (200 milioni). In totale, +Europa propone una serie di misure dal costo di 68,5 miliardi di euro annui.
Tra le coperture rilevate, pesano l’eliminazione dell’aliquota IVA al 10% (che garantirebbe un indotto di 22 miliardi) e l’eliminazione di tax expenditures per un totale di 19,6 miliardi di euro. In particolare, verrebbero eliminati dei sussidi alle imprese per un valore complessivo di 15 miliardi. Poi, tassazione per combustibili fossili (2,2 miliardi) e l’imposta di registro prima casa (1,4 miliardi).
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Anche la revisione della spesa – per 14,4 miliardi di euro – pesa fortemente sulle coperture. Si segnalano, poi i 2 miliardi derivati dalle concessioni demaniali (voce che fa sicuramente discutere), i 4,5 miliardi per l’introduzione della tassa sulla prima casa (in controtendenza rispetto al centrodestra) e i 3 miliardi di proventi legati alla legalizzazione della cannabis.
Nel complesso,+Europa di Emma Bonino presenta un programma con 65,5 miliardi di coperture, arrivando quasi al pareggio (mancano, all’appello, 3 miliardi di euro).
Qui, il report completo dell’Osservatorio CPI.