A distanza di qualche settimana, Partito democratico e Movimento 5 Stelle sono tornati a sedersi al tavolo delle trattative. L’incontro, tenutosi alle 15, ha visto la partecipazione per il M5S di Luigi Di Maio (sempre più leader), Danilo Toninelli e i due capigruppo Nuti e Petrocelli, per il PD del vicesegretario Deborah Serracchiani, dell’europarlamentare Alessandra Moretti, del deputato Gianclaudio Bressa.
In disparte, ma presente, il premier Matteo Renzi che al termine del summit si lascia andare a giudizi positivi: “L’incontro è andato bene, abbiamo avuto aperture su molti punti, per esempio sul ballottaggio” sottolineando poi come “sulla riforma del Senato” i grillini “riconoscono che non c’è deriva autoritaria. Il problema è se Di Maio li porta tutti. Vediamo che succede al loro interno”.
Il primo tema al centro del dibattito è quello delle preferenze, ritenute fondamentali per i cinque stelle che insistono anche sulla cancellazione dell’immunità per i nuovi senatori. “Oggi noi vi facciamo una proposta che viene incontro alle vostra per trovare un punto d’incontro. A noi interessa molto la stabilità. Dobbiamo dare poi ai cittadini la possibilità di scegliere i candidati, dopo 8 anni di Porcellum” ha detto Di Maio.
I grillini, oltre alle preferenze, battono anche sul tema del premio di maggioranza, ribadendo l’impianto del Democratellum: primo turno con proporzionale puro senza sbarramento ed eventuale secondo turno, qualora nessuna lista superi il 50%, tra i partiti che hanno preso il maggior numero di voti. Al vincitore un premio di maggioranza al 52%.
Una proposta che differisce nettamente dall’Italicum, che invece prevede il premio di maggioranza del 52% già al primo turno per il partito che supera il 37%. Ecco perché sia la Serracchiani che la Moretti hanno grossomodo ripetuto quello che i democratici pensano da settimane: sì al dialogo ma niente stravolgimenti.
Sulla legge elettorale, in fin dei conti, l’accordo impostato con Forza Italia regge. Ed è proprio quello che ribadisce Renzi, non senza rinunciare a qualche tono polemico: “Noi non pensiamo che la preferenza sia lo strumento della democrazia ma tra averla e non averla preferiamo averla. Si è arrivati però a un accordo sulla legge elettorale che non le prevede tanto che come Pd facciamo le primarie”. A quell’accordo (con il pregiudicato Silvio Berlusconi) si è giunti proprio per l’inerzia del M5S: “La prima richiesta di confronto con voi l’ho scritta l’8 dicembre. Se io sono un bradipo, voi che ci avete messo 6 mesi per rispondere cosa siete?” ha attaccato il premier.
Per quanto riguarda il ballottaggio, le posizioni paiono nettamente più vicine, con i grillini che si sono detti disponibili ad un compromesso: “Riconosco ai cinquestelle che sul ballottaggio c’è apertura” dice Renzi. Oltre a questo però, i nodi restano: c’è lo scoglio preferenze che è molto forte e c’è lo scoglio di rappresentanza dei partiti piccoli, che nelle alte soglie dell’Italicum non otterrebbero alcun seggio.