Rivalutazione delle pensioni, le proteste di chi si oppone al blocco
Rivalutazione delle pensioni, le proteste di chi si oppone al blocco
Era il drammatico autunno e inverno del 2011 quando, contestualmente alla legge Fornero e al resto del Salva Italia, il governo Monti poneva un blocco sulle rivalutazioni automatiche delle pensioni al di sopra dei 1088€ – perlomeno per gli anni 2012/2013. Naturalmente tale decisione non fu accolta con favore dagli interessati, né tanto meno dai sindacati dei pensionati e dalle associazioni legate a quel mondo; vi fu infatti un’ondata di ricorsi.
Rivalutazione delle pensioni: la sentenza della Suprema Corte
In seguito, con la sentenza n. 70/2015, la Suprema Corte riconobbe poi il diritto alla rivalutazione delle pensioni per quegli anni e, di conseguenza, il governo Renzi e il Ministro Poletti emisero il decreto legge n.65 del 2015. Esso introdusse, però, il principio del bilanciamento tra i diritti dei pensionati e le esigenze di bilancio della finanza pubblica. Di fatto si stabilì che la restituzione completa delle somme spettanti con la rivalutazione mancata per il 2012-2013 sarebbe stata appannaggio solo dei percettori delle pensioni fino a 3 volte il minimo Inps, ovvero 1450€ lordi.
Fu concesso il 40% per gli assegni tra 3 e 4 volte il minimo, il 20% per quelli tra 4 e 5 volte e il 10% per quelli tra 5 e 6 volte; nessun rimborso per chi invece percepiva oltre 6 volte il minimo. Vi fu poi un altro ricorso, ma in questo caso la nuova sentenza n. 250 del dicembre 2017 ha riconosciuto il principio del “bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica”, negando il principio di riconoscere ai pensionati l’intera rivalutazione della loro pensione. Ma c’è chi non ci sta.
Rivalutazione delle pensioni: il ricorso alla Cedu
Lo studio legale Damiani&Damiani, proprio a tal proposito, sta preparando il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Il reiterato blocco della rivalutazione della pensione viola il principio del giusto processo” sostengono infatti gli avvocati. Questi si rivolgono in particolare ai soggetti andati in pensione entro il 1° dicembre 2012 e che percepiscono più di 1.088 euro al mese.
“Esauriti tutti gli strumenti giuridici interni – spiegano sempre dallo studio legale Internazionale Damiani&Damiani di Roma – non resta che rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per ottenere il riconoscimento del diritto alla rivalutazione della pensione negato dal 2011“.
L’appello ad unirsi al ricorso, entro fine marzo, è rivolto ai CAF che hanno un contatto diretto con gli aventi diritto, oltre ai pensionati che sono andati in quiescenza entro il 1° dicembre 2011 e che in quell’anno hanno percepito una pensione complessiva netta a partire da 1.088 euro al mese. Se la Cedu dovesse accogliere il ricorso, ai pensionati spetterebbero tutti gli arretrati dal 2012/2013, il relativo aumento dell’assegno e anche il risarcimento del danno morale per un importo complessivo che può variare tra gli 8.000 e i 25 mila euro.
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