Brighter Wounds: la recensione dell’ultimo album dei Son Lux

Pubblicato il 11 Marzo 2018 alle 11:56 Autore: Salvatore Mirasole
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Brighter Wounds: la recensione dell’ultimo album dei Son Lux

Son Lux è il sogno, o l’incubo per i detrattori, genreless di Ryan Lott: dapprima mero pseudonimo dello stesso Lott, poi evolutosi in trio con l’entrata del batterista Ian Chang e Rafiq Bathia alla chitarra. Genreless (ma anche genderless) e multietnico: un fecondo incubo liberale! Ma cosa significa genreless? Letteralmente privo di genere, non catalogabile in facile etichetta: tale epiteto denuncia l’ambiziosa volontà del proprio demiurgo di voler creare qualcosa che valica i confini;  Ci è già riuscito? Ci riuscirà?

I Son Lux ritornano con un album pieno di inediti: Brighter Wounds

A distanza di tre anni dall’ultimo album, cioè dall’uscita di Bones nel 2015, e di un anno dall’Ep Remedy, la band presenta il loro nuovissimo album di inediti composto da dieci tracce. Brighter Wounds. Ossa, Rimedio, Ferite Più Luminose; questa la triade tracciata dai Son Lux (leggi Ryan Lott) negli ultimi tre anni.

L’ineluttabile circolo ermeneutico che precede ogni conoscenza, e che qui ha come suo proxy Ryan Lott, ci prepara all’ascolto dell’album. Egli ha infatti voluto dichiarare, ben prima dell’uscita dell’album, i tre eventi che lo hanno prepotentemente inspirato: 1) la nascita del suo primogenito; 2) la morte del migliore amico; 3) l’elezione di Donald Trump a presidente degli U.S.

Son Lux, Brighter Wounds: tracce e singoli. La recensione

Dieci inediti, tra cui tre singoli accompagnati dal rispettivo video (Dream State, Slowly e All Directions) di cui i primi due precedono l’uscita dell’album e ce lo anticipano, il terzo rilasciato a qualche giorno dall’uscita.

 

Il primo, Dream State, è forse uno dei brani più riusciti dell’intero album se non della loro stessa discografia: un’architettura dream pop che strizza l’occhio ad una schizzofrenia elettro-house, falsetti e coretti s’intervallano al logorato e cantato sussurro del buon Lott; una trasognata pausa a metà brano ci annuncia la metamorfosi del brano in un’antitetica coralità: out of the dark day, into the brigher night molte voci stridono finché la voce spezzata del leader conclude il brano.

 

All Directions è un lungo brano (6.36) ed un video ancor più lungo (9.50, un corto praticamente). La struttura è quella tipica sonluxiana e conferma l’impressione che si ha ascoltando l’intero album: tutto suona di già sentito, sebbene gli anni e l’esperienza hanno reso il linguaggio musicale meno grezzo. Il che non è necessariamente un problema, se si ha già familiarità con quel sound o lo si apprezza. Nel caso in cui al contrario non lo si apprezza, questo terzo singolo (e questo quinto album) non cambierà la vostra idea: il pop sperimentale ed artistico dei Son Lux non fa per voi. Interessante è invece il video, sebbene gli si possa dare lo stesso giudizio: già visto, ma meglio definito. Ciò a cui assistiamo è l’ennesimo rapporto di coppia (il video di Alternate World presentava dinamiche simili) conflittuale, che procede attraverso muti frammenti.

Il bianco e nero che caratterizza il video dà l’impressione di assistere ad un prodotto autoriale. Dietro questa maschera tuttavia si cela una peculiare simbologia: il punto di vista è quello di un uomo in crisi, padre e compagno; durante una normale cena una luce divina gli illumina il volto, i suoi occhi si posano su un quadro nel quale è raffigurato Abramo nel celebre atto in cui si accinge a sacrificare il figlio. Anche il nostro protagonista si convince che deve espiare i suoi peccati attraverso il sangue del figlio, così lo conduce sui monti. Ma non è Dio a fermarlo nell’atto del sacrificio, ma se stesso: la scure va giù veloce e non colpisce il collo del pargolo, ma la sua stessa mano destra, dalla quale inizia a sgorgare un denso fiotto d’oro. La destra mozzata è un altro riferimento ai testi sacri, ovvero;

Matteo, 5, 30: καὶ εἰ ἡ δεξιά σου χεὶρ σκανδαλίζει σε, ἔκκοψον αὐτὴν καὶ βάλε ἀπὸ σοῦ (e se la tua destra commette atrocità, tagliala e scagliala lontano da te).

 

Altro pezzo degno di menzione è The Fool You Need: sonorità nelle corde dei Son Lux, alcuni suoni inattesi ricordano molto il sax in Easy, uno dei brani più celebri della band (25 milioni di visualizzazioni sul Tubo, riarrangiata con Woodkid perfino al Montreaux Jazz Festival). Attesi in-attesi si mescolano a tastiere molto più fluide, melodiche, suoni a cui l’orecchio si abitua facilmente. Il mantra basso della voce, perpetuo e reiterante come sempre, è anch’esso un elemento che ritorna spesso nei pezzi dei Son Lux. Qui non si fa eccezione.

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Son Lux, Brighter Wounds: “non c’è vera innovazione, ma ottimo lavoro di lima rispetto a qualcosa che già si ha”

Tirando le somme: Brighter Wounds è un’esperienza interessante sia s’un piano musicale che su quello linguistico. Vi è molta attenzione ai testi, alle immagini e vi è buona aderenza tra il sound, in cui questi naufragano, e il messaggio veicolato. Non c’è vera innovazione, ma ottimo lavoro di lima rispetto a qualcosa che già si ha e a temi già affrontati: questo va concesso ai Son Lux.

Pop, art pop, dream pop, elettro house, composizioni simmetriche ed asimmetriche, motivi monodici e varie coralità, sussulti strozzati e stridolini isterici: in questo quinto album si intersecano tutti questi elementi in un pidgin ben studiato. Consigliato a chi conosce già la band e consigliatissimo a chiunque voglia ascoltare qualcosa di nuovo.

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