Il governo sta studiando delle contromisure per ridurre la pressione sul deficit. Tra esse, spunta anche la gestione ed il finanziamento dei Fondi Ue, con la possibilità di ridefinire al ribasso la percentuale di partecipazione dell’Italia.
LE CIFRE – Nella legge di Stabilità per il 2014 il cofinanziamento per i Fondi UE pesa per 24 miliardi, da spalmare nei prossimi sette anni. A questa cifra – a cui aggiungere un contributo da parte delle Regioni – si accompagnano i circa 41 miliardi di fondi nuovi stanziati dall’Europa per il settennato 2014-2020. Il totale tra fondi provenienti dall’UE e cofinanziamento italiano – statale e regionale – dovrebbe aggirarsi attorno agli 80 miliardi, distribuito più o meno equamente tra quota di provenienza comunitaria e cofinanziamento italiano.
RIVEDERE LE QUOTE – Il governo, grazie all’azione del sottosegretario Graziano Delrio, sta studiando delle soluzioni per alleggerire la quota italiana. Sfruttando una deroga prevista all’interno dei regolamenti UE che permetterebbe la riduzione del contributo nazionale dal 50% sino al 25%, dimezzando quindi il cofinanziamento italiano. La soluzione potrebbe portare quindi sino ad un risparmio di 10-12 miliardi di euro, importante per alleviare la tensione sul deficit, sempre attentamente monitorato in sede comunitaria.
ENTRO MARTEDI’ – La decisione dovrebbe arrivare nella settimana prossima, con l’invio entro martedì a Bruxelles dei piani operativi. Ma c’è qualche malumore tra le Regioni – tra cui la Puglia – in quanto una tale azione ridurrebbe le risorse destinate alle stesse Regioni, in primis quelle meridionali. L’altra faccia della medaglia – conseguente al maggior “respiro” sul deficit – è la possibilità di poter cumulare sino al 2020 un “tesoretto” libero da vincoli europei ed a costo zero.
IL PROBLEMA DEI ‘VECCHI FONDI’ – Il governo Renzi dovrà anche risolvere la questione dei Fondi UE del periodo 2007-2013. Al 31 maggio scorso l’Italia aveva rendicontato la spesa di appena il 56% di tali fondi, pari a poco meno di 27 milioni su circa 48 totali. Il rischio è di perdere una buona fetta dei fondi residui, in caso di mancata spesa entro dicembre 2015.
Emanuele Vena