Enrico Letta è sparito. Non fisicamente, ovviamente. Dal punto di vista della politica, però, l’ex premier può entrare a pieno titolo nel gruppo dei desaparecidos. Dopo il ribaltone di febbraio, in occasione del quale Matteo Renzi l’ha defenestrato dalla guida del governo, l’ex segretario del Pd è infatti completamente uscito dai radar della politica.
Se andiamo a vedere le presenza, infatti, scopriamo che a partire da marzo le assenza alla Camera schizzano al 98,97%: praticamente Letta a Montecitorio non si fa vedere mai, ma lo stipendio continua a percepirlo. Non va molto meglio ad aprile, mese in cui la percentuale di assenze tocca il 92,36%. Lo si vede con più frequenza a l’Institut d’Etudes politiques di Parigi, chiamato per un ciclo di lezioni su Europa e populismi.
Da tutto questo si evince come l’ex premier sia interessato a ricoprire una carica di respiro internazionale, magari a Bruxelles. Basta che sia lontano da Roma, il “luogo dell’omicidio politico”. E sembra che l’interesse sia ricambiato: dalle parti della Commissione e del Consiglio Letta è molto stimato, sia dai socialisti che dai popolari, e il suo nome è rimbalzato più volte per ricoprire il ruolo di mister Pesc, “il ministro degli Esteri dell’Unione”.
“Per quel ruolo serve una lunga esperienza internazionale e conoscenza delle persone. Niente contro la Mogherini, ma un ex premier sarebbe meglio” rivela un avversario come Antonio Tajani. Il problema è che il nome di Letta è osteggiato dall’attuale premier Matteo Renzi, che piuttosto che proporre il suo predecessore ha riesumato perfino D’Alema.
È quanto ammette candidamente anche il fidatissimo consigliere di Angela Merkel, il democristiano Elmar Bork: “Tutti sapevano da settimane che Enrico Letta avrebbe avuto buone possibilità se Renzi lo avesse proposto ma Renzi non lo ha voluto proporre e non è stato proposto”.