Il numero delle vittime sale come sale la pressione internazionale per arrivare a un cessate il fuoco, ma nella Striscia di Gaza Israele e Hamas sembrano prepararsi ad affrontare una guerra lunga.
L’operazione Protective Edge lanciata da Tel Aviv la scorsa settimana ha toccato ieri uno dei suoi punti più sanguinosi: la battaglia di Sajaya, sobborgo a nord-est di Gaza City. La battaglia è stata cruenta. Israele ha bombardato l’area con colpi di artiglieria e con il supporto di elicotteri militari, poi le truppe di terra si sono fatte strada attraverso le stradine e gli edifici. Tredici soldati israeliani della Brigata Golani (una delle più decorate unità di fanteria del paese) hanno perso la vita. Circa centoventi palestinesi hanno fatto la stessa fine, nel corso della giornata di ieri. Tra di loro anche diciassette bambini.
La notizia della perdita di tredici uomini ha attraversato Israele in un istante e il Time ha scritto di come questo abbia fatto capire agli israeliani cosa c’è il ballo. Gli obiettivi da raggiungere sono tanti e ancora lontani, ha spiegato l’esercito, non è escluso che si andrà avanti a lungo. Tel Aviv ha detto che le perdite tra i soldati israeliani sono state pesanti perché Sajaya è una roccaforte di Hamas.
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Quello di ieri è stato l’apice di una manciata di giorni di scontri sul terreno della Striscia di Gaza. È accaduto ciò che analisti e comunità internazionale avevano anticipato: un drammatico aumento nel numero delle vittime civili palestinesi e un tributo di sangue pagato direttamente da Israele. Eppure non è affatto detto che ciò spinga le due parti a tirare il freno e a cercare una soluzione diplomatica. “In ogni conflitto ci sono periodi difficili” ha detto Netanyahu ieri sera, parlando alla nazione, “nonostante ciò la campagna di terra si espanderà e continuerà fino a quando non tornerà la calma per i cittadini di Israele”.
Per Hamas i tredici militari uccisi rappresentano una spinta al morale: la dimostrazione che il ‘nemico’ può essere colpito. Più la battaglia si sposterà nei centri densamente popolati di Gaza, più Hamas si troverà a combattere in territori favorevoli, e la supremazia militare di Israele finirà per essere ridotta.
Il conto dei morti salirà: da una parte e dall’altra. Hamas può sostenere il peso delle vittime civili e per quanto riguarda le perdite tra i miliziani non ci sono numeri attendibili. In Israele però la pressione dopo la morte dei tredici soldati sta salendo. La BBC ha sottolineato come sia Tel Aviv ad avere in mano il destino di questa guerra, non solo per la supremazia militare del suo esercito: quanto vorrà spingersi avanti? Quando considererà raggiunti gli obiettivi? Saranno le risposte a queste domande a decidere il destino del conflitto nella Striscia di Gaza.
Immagine in evidenza: photo by Physicians for Human Rights – Israel – CC BY 2.0