C’è una carta che la Russia può contrapporre alle pressioni dei paesi europei. Quella carta è il gas. Da Berlino a Londra, alcune delle cancellerie più importanti del Vecchio Continente si sono dette pronte a inasprire le sanzioni nei confronti di Mosca. Ma non tutti in Europa la pensano allo stesso modo. Basta vedere la prudenza mostrata da diversi governi europei nell’adottare posizioni più dure contro la Russia.
Mosca lo ha ricordato nelle scorse ore: “L’Ucraina ben presto esaurirà le riserve di gas e nel periodo autunno-inverno può davvero causare problemi nelle forniture all’Europa, ma non per colpa nostra”. Il Washington Post è partito da un dossier della Total, azienda petrolifera francese tra le più importanti al mondo, per analizzare i delicati rapporti che legano Mosca al continente europeo. Circa il 30 per cento del gas consumato dall’Europa viene dalla Russia. La metà passa attraverso l’Ucraina. Sul proprio sito internet, Gazprom scrive di aver fornito 161,5 miliardi di metri cubi di gas nel 2013.
Negli ultimi anni i paesi europei hanno migliorato le loro capacità di stoccaggio, e quello appena passato è stato un inverno mite. Ma se dovesse interrompersi (o ridursi) il flusso di gas russo, l’Europa avrebbe un problema da affrontare. Il Financial Times ha sottolineato che se la situazione non verrà risolta entro l’inizio dell’autunno, allora potrebbe essere troppo tardi.
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Paesi come la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria e la Slovacchia andrebbero incontro a grosse difficoltà. Anche l’Italia è molto dipendente dal gas russo, ma il nostro paese potrebbe cavarsela aumentando le importazioni dall’Algeria e dalla Libia – anche se i combattimenti a Tripoli stanno avendo un impatto pesante sull’estrazione di petrolio e gas, e Roma rischia di essere spinta fuori dalle manovre internazionali in corso per mettere le mani sulle risorse energetiche del paese.
Peggio di tutti andrebbe all’Ucraina: anche ammettendo che riesca a rifornirsi altrove, nella migliore delle ipotesi Kiev dovrebbe far fronte a quantità di gas tra l’otto e il quindici per cento inferiore rispetto al normale. Il premier britannico David Cameron ha fatto capire nei giorni scorsi che alcuni paesi europei sono cauti nel prendere in considerazione sanzioni più severe proprio perché temono un impatto sulle proprie economie. Il gas entra a pieno titolo in questi calcoli.
Se il gas russo diretto in Europa dovesse diminuire, lo scenario potrebbe essere affrontato soltanto con più azioni coordinate. Sarebbe possibile attingere alle scorte di paesi come l’Italia, così come sarebbe possibile far viaggiare il gas attraverso i corridoi che passano per il Baltico e la Bielorussia. Inoltre si potrebbero aumentare gli acquisti di gas norvegese, olandese e nord africano, accrescendo allo stesso tempo le importazioni di gas naturale liquefatto. Una strategia complessa, ha sottolineato il Washington Post, che in ogni caso necessiterebbe della collaborazione di Gazprom: senza un accordo con il gigante energetico russo, che controlla quasi un quinto delle riserve di gas mondiali, sarebbe impossibile deviare il gas verso altri corridoi.
La Russia però non potrà far leva in eterno su questo vantaggio. Mosca vende il gas all’Europa e ha bisogno di quei soldi. Gazprom non può fare a meno di quelle entrate. Il Cremlino ha in mano carta che potrebbe condizionare la partita con i governi europei, ma gli analisti statunitensi dubitano che la Russia interromperà o ridurrà sensibilmente le vendite di gas all’Europa.
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