A prima vista, a qualcuno potrebbe sfuggire la somiglianza fra Massimo Calearo e Francesco Belsito. Parlamentare il primo, ex tesoriere della Lega Nord il secondo. A parte il pronunciato doppio mento, di somiglianze fisiche se ne vedono poche. Dando un’occhiata alla biografia ci si accorge di come abbiano formazione diversa e carriera politica, all’inizio per lo meno, in opposti schieramenti.
[ad]Quello che li accomuna è, banalmente diranno i più, l’essere stati i protagonisti indiscussi di una settimana che ci ha fatto passare da “l’Italia è Il paese in cui ci piacerebbe investire” dei leader mondiali riuniti a Seul, a “con lo stipendio da parlamentare pago i 12.000 euro al mese di mutuo della casa che ho comprato, è una casa molto grande.” di Calearo.
Inveire contro l’imprenditore vicentino ed indignarsi per le sue frasi vergognose sono giochetti fin troppo facili a cui si sono dedicati in questi giorni la maggioranza degli italiani dotati di buon senso, e di mutui più piccoli. Quello che più ci preme in questa sede sottolineare è la disinvoltura con la quale un parlamentare della Repubblica dica tali cose senza riuscire a percepire la reazione che potrebbero suscitare in una società civile stremata dalla crisi e in cui il 50 % della popolazione ha un reddito annuo inferiore ai 15000 euro. Solamente tremila in più, delle rate mensili del mutuo per la casa (grande) di Calearo.
Ancor peggio, per altro, sarebbe da parte dell’imprenditore aver previsto la reazione e aver comunque voluto dar fiato alla bocca pur di richiamare l’attenzione degli elettori sulla sua esistenza, sia come imprenditore che come politico. Già, politico. Perché forse tanti di noi l’avevano quasi dimenticato e hanno scoperto nel polverone di questi giorni che Calearo è iscritto al gruppo parlamentare di Popolo e Territorio (i famosi Responsabili, per capirci) di cui è illustre rappresentante insieme a Scilipoti e Cesario. Prima di Popolo e Territorio aveva già cambiato casacca due volte passando dal PD, nelle cui liste fu piazzato da Veltroni, all’Api di Rutelli, dichiarando in quell’occasione di non esser mai stato di sinistra. Chapeau.
Insomma un bell’intreccio da diventar matti, che basterebbe descrivere sommariamente, per capire come mai il 56 % degli italiani crede che ci possa essere democrazia senza partiti. Dato ed affermazione un tantino preoccupanti.
E si perché a volte ci si dimentica che i partiti sono fatti principalmente, o almeno questa è la percezione primaria che hanno gli elettori da fuori, da chi siede in parlamento e ricopre delle cariche. Possiamo mai avere fiducia di un Calearo qualunque, che in 4 anni cambia tre partiti e alla fine stanco di non averne trovato uno che gli piace dichiara di non andare più in parlamento, “perché è un lavoro usurante”? O di Scilipoti?
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[ad]Ovviamente è una domanda retorica, ma il punto qui è un altro. La responsabilità di veder sedute lì tali elementi e di pagare i loro stipendi vorremmo finalmente averla noi. Delle scuse di Veltroni per “aver conosciuto un Calearo diverso” ai tempi della candidatura, o di Di Pietro che candidò Scilipoti, gli elettori obiettivamente se ne fanno poco. Vorremmo definitivamente avere noi la colpa di aver sbagliato ad eleggere qualcuno, senza essere costretti a chiederci dopo qualche anno chi l’abbia messo lì. Ovvio, la saggezza della folla non è mai verificata e si potrebbero presentare casi peggiori, ma è una questione di responsabilità e di rappresentatività, che non si può più rimandare.
Di Belsito, invece, se ne sta parlando tanto e si continuerà così per molto. Al di là delle accuse che dovranno ora essere verificate ciò che sembra interessante è l’immagine della Lega; intaccata, seppur non per la prima volta, in quel baluardo che ha sempre portato avanti come motto ispiratore. Quel Roma Ladrona che questa volta sembrerebbe essersi ritorto contro Bossi e i suoi fedelissimi. Il terremoto Belsito potrebbe riassestare i piani di via Bellerio e ridefinire una leadership che a questo punto Maroni inseguirà senza più remore. Staremo a vedere. In vista delle amministrative, per il Carroccio è senza dubbio una botta che sarà difficile riassorbire a suon di slogan populistici e che potrebbe influire sulle future alleanze politiche in vista del 2013.
Ah, quasi dimenticavo. Cos’altro hanno in comune Belsito e Calearo? Date un’occhiata al nome del Tesoriere di Popolo e Territorio…ne scoprirete delle belle.