Elezioni Molise 2018: risultati e analisi. Come cambia lo scenario
Secondo un gran numero di goliardici monotematici, il Molise non esisteva fino all’altro ieri. Da “Molisn’t” a “MolIS”, il Molise si è trasformato, secondo molti giornalisti, nell’Ohio d’Italia. Un’espressione forse un po’ entusiastica e che non riflette ciò che l’Ohio rappresenta per gli Stati Uniti (chi vince nel Buckeye State, vince le Presidenziali).
Si era creata, quindi, una grande aspettativa sulle elezioni molisane, considerato l’ago della bilancia per la formazione del futuro Governo. Prima di esprimere un commento definitivo, ricapitoliamo brevemente cosa hanno decretato gli elettori molisani.
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Elezioni Molise 2018: chi vince e chi perde
Piuttosto che partire dai vincitori, risulta più semplice cominciare dal grande sconfitto di questa tornata elettorale: il Partito Democratico. Non si arresta l’emorragia di voti dei “dem”, sempre più in crisi e alla ricerca di una nuova identità. La lista del PD ottiene poco meno del 9% dei consensi (su un totale del 18,67% della coalizione di centrosinistra). Un calo brusco, di circa 6 punti percentuali (da 15,20% a 8,9%) rispetto alle preferenze raccolte in Molise durante la tornata del 4 marzo. Una debacle che mette la direzione PD in stato d’allerta. L’attuale segretario, Maurizio Martina, potrebbe optare per una maggiore apertura verso i 5 Stelle per evitare lo spauracchio del ritorno alle urne. Il Partito Democratico, in piena fase di riassestamento, potrebbe risultare il gran pregiudicato da una nuova chiamata ai seggi. Eventualità che, invece, sarebbe (elettoralmente parlando) ben gradita al leader del carroccio, Matteo Salvini.
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Elezioni Molise 2018: vince la destra e Lega vicino al sorpasso su FI
Il vincitore di questa tornata elettorale molisana non può che essere il centrodestra. La coalizione guidata da Forza italia, Lega e Fratelli d’Italia, sottrae l’ennesima Regione ai “dem”. Il partito del cavaliere chiude in prima posizione all’interno della coalizione, ottenendo il 9,38% delle preferenze. Segue la lista locale, Orgoglio Molise, con l’8,34%. In terza posizione, la Lega di Matteo Salvini, che si accaparra l’8,23% dei consensi. Un risultato decisamente positivo per il carroccio, che comincia ad affermarsi anche a livello locale nelle realtà del Centro e del Sud e rilancia le ambizioni di Governo della prima forza politica di destra.
Con la vittoria del centrodestra e del suo candidato, Donato Toma (Qui la sua scheda), la coalizione conservatrice guadagna punti e fiducia per un eventuale ritorno alle urne.
Elezioni Molise 2018: M5S vincitore o vinto?
Arriviamo alla forza né vincitrice né vinta: il Movimento 5 Stelle. Da un lato, il M5S risulta la prima lista, con distanza siderale rispetto alla seconda (Forza Italia). I pentastellati ottengono il 31,57% delle preferenze. Risultato comunque molto inferiore a quello ottenuto dal suo candidato, Andrea Greco, che consegue il 38,50% dei voti per il candidato presidente. Una dinamica che ci ricorda ciò che è avvenuto in Sicilia, con Cancelleri che ottenne un risultato estremamente positivo e che superò – di molto – le preferenze raccolte dalla lista M5S.
Da un lato, quindi, si può parlare di una sicura riconferma del M5S come primo partito. Dall’altro lato, però, se consideriamo i risultati ottenuti il 4 marzo dal M5S – che surclassò i suoi avversari imponendosi con il 44,79% delle preferenze – parliamo di una differenza di circa 13 punti. Pur sapendo che le dinamiche sono diverse (sul piano locale conta molto di più l’esperienza e il legame di fiducia con candidati e partiti), si parla di una differenza molto importante rispetto al bottino elettorale maturato poco più di un mese fa.
I segnali sono quindi contrastanti e faranno sicuramente riflettere Di Maio e il suo circolo di fidati. Il M5S è quindi vincitore o vinto? Questione di prospettive. Certamente, non si può affermare con forza né l’uno né l’altro.
Elezioni Molise 2018: come cambia lo scenario
Come analizzato, si possono identificare chiaramente un vincitore (il centrodestra) e uno sconfitto (il Partito Democratico). Nel mezzo, il rebus legato al Movimento 5 Stelle, che rimane saldamente primo partito ma in una fase di stanca. Da un lato, il centrodestra – e in particolare la Lega – ne esce rinvigorito. L’opzione di tornare alle urne non fa paura e, anzi, sembra possa beneficiare il carroccio. Salvini, che non ha posto veti a nessuno (a differenza del suo partner di coalizione, Silvio Berlusconi, e dal suo principale interlocutore, Luigi Di Maio), gode della fiducia di molti italiani. Stando alle ultime rilevazioni è, infatti, il leader più apprezzato del momento.
Se da un lato c’è chi assapora un ritorno alle urne nell’immediato, dall’altro – in via del Nazareno – si cercherà di evitare come possibile lo scioglimento delle Camere ed elezioni anticipate. Il Partito Democratico è in caduta libera e, qualora avvenisse un ritorno immediato ai seggi, la debacle dei “dem” è altamente probabile. Pertanto, dalle parti del Nazareno, si penserà ad evitare questo scenario. Martina dovrà tendere la mano – ancor più di prima – al capo politico del Movimento 5 Stelle e candidato premier, Luigi Di Maio.
Proprio il leader del Movimento dovrà cercare di concludere un accordo per evitare di ritrovarsi fuori dal Parlamento. Secondo il regolamento interno, non ci si può presentare per più di due mandati. Ciò costringerebbe Di Maio al forfait e, con lui, centinaia di Deputati e Senatori pentastellati. Un elemento da tenere in considerazione e che ben si amalgamerebbe con le esigenze del Partito Democratico.
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