Riforme, solo due voti in una giornata. Pd irritato con Grasso
Voto segreto sì, voto segreto no. Alla fine si è scelta la terza via. Il presidente del Senato Piero Grasso ha stabilito che la questione si risolverà in relazione al tipo di materia a cui si riferisce l’emendamento in discussione. Lo ha spiegato, parlando all’Aula del Senato alla riapertura pomeridiana dei lavori, basandosi sui principi dell’articolo 113 del regolamento di Palazzo Madama.
Il voto segreto “è sempre ammissibile”, precisa la seconda carica dello Stato, “laddove si faccia riferimento alla tutela delle minoranze linguistiche”. Voto non palese anche “sui soli emendamenti riferiti alle funzioni delle Camere, presentati agli articoli 1 e 18 del ddl Boschi, e non al procedimento legislativo (art.10)”. Alla fine, Grasso ha concluso chiarendo la situazione: “Abbiamo stabilito un principio per materia, in base al quale di volta in volta si potrà stabilire quali emendamenti saranno oggetto di voto segreto. Gli uffici stanno preparando un elenco che sarà distribuito”. Si parla di voto segreto su diritti civili e funzioni delle camere.
Il caso del M5S – Curiosa la posizione del Movimento 5 Stelle, da sempre contrario al voto segreto in Aula (si pensi al caso del voto sulla decadenza di Berlusconi). Questa volta però i grillini hanno cambiato orientamento, come spiega Maurizio Buccarella: “Pur essendo noi favorevoli al voto palese, in questo caso, a Regolamento vigente, ci siamo espressi a favore della possibilità del voto segreto”. Poco fa Grillo è però intervenuto su twitter chiarendo che “il M5S è per il voto palese”.
L’irritazione del Pd – La decisione del presidente Grasso ha destato molte perplessità tra le fila del Partito democratico. In realtà la ruggine covava già da mesi, cioè da quando il primo inquilino di Palazzo Madama criticò pubblicamente le riforme istituzionali volute dal premier Renzi. Al Nazareno non si capacitano della decisione di accordare il voto segreto sugli emendamenti che riguardano i diritti delle minoranze linguistiche e quelli in cui si affronta il tema della competenza legislativa del futuro Senato.
Soprattutto perché, ragionano i renziani, in discussione non c’è un voto sui diritti civili ma solo sulla composizione della camera che in futuro se ne occuperà. Sfugge, pertanto, il no al voto palese. La situazione rischia di sfuggire di mano e si vocifera di un incontro in serata tra lo stesso Grasso e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La rabbia dei dem si spiega anche per l’eccessiva lentezza con cui stanno procedendo i lavori: nella giornata di oggi si è votato solo su due emendamenti. A questi ritmi la scadenza di ferragosto ipotizzata da Renzi appare una chimera.