Centrodestra, la strada della riunificazione è tutta in salita
Nelle ultimi giorni si è fatto un gran parlare della riunificazione del centrodestra italiano, attualmente frazionato e del tutto incapace di rappresentare un concreto pericolo per il Pd di Matteo Renzi. A fare da stura a questo presunto “rassemblement” dei moderati è stata la sentenza della Corte d’Appello di Milano, che ha assolto Silvio Berlusconi dalle accuse di concussione e prostituzione minorile nell’ambito del processo Ruby.
L’assoluzione del loro leader ha immediatamente ringalluzzito i colonnelli di Forza Italia e rimesso in moto i settori del centrodestra italiano. E, inevitabilmente, si è tornati a parlare di alleanze. Le più larghe possibile, dato che ora come ora Renzi appare un avversario talmente forte da richiedere un’alleanza il più possibile larga e articolata.
Già, l’alleanza. Il primo problema del centrodestra italiano, sempre più frammentato e balcanizzato. Ad oggi i partiti facenti parte dell’area destra dello schieramento politico sono sei: Forza Italia, Lega Nord, Nuovo centrodestra, Udc (con qualche riserva), Fratelli d’Italia e La Destra. Sei partiti che sommati tutti insieme stanno a 8-10 punti di distanza dal Pd.
Ed è per questo che all’iniziativa assunta direttamente qualche giorno fa dall’ex premier (“manderò una lettera a tutti i leader moderati, dobbiamo creare una federazione”) le risposte sono state tutt’altro che entusiastiche. Le difficoltà maggiori si riscontrano soprattutto con i “fratelli” di Ncd: dopo la scissione da Forza Italia, i rapporti tra Alfano e Berlusconi sono precipitati fino al punto da rendere complicata tra i due perfino una telefonata di pochi minuti, concretizzatasi a fatica solo qualche giorno fa.
Una telefonata cortese, ma che non ha spostato di un millimetro la questione: l’Ncd non vuol sentire parlare, almeno per adesso, di un ritorno all’ovile. Basta sentire quanto dichiarato da Fabrizio Cicchitto, uno dei più importanti esponenti del partito: “Se tornassimo in Forza Italia dovrei sputarmi in faccia”. Ma i problemi non ci sono solo tra ex compagni di partito.
Anche con la Lega Nord i rapporti sono più che burrascosi: il segretario Matteo Salvini ha lanciato pochi giorni fa la campagna #alfanodimettiti; per tutta risposta, l’Ncd, sempre per bocca di Cicchitto, ha affibbiato a Salvini e al Carroccio l’etichetta di “destra radicale, antieuropea, lepenista. Noi cerchiamo di essere il motore di un altro centrodestra, quella moderno, europeo, saldamente figlio del partito popolare europeo”. Per Salvini nemmeno l’alleanza con i forzisti è certa (a differenza di Tosi che invece la sollecita): solo pochi giorni fa il segretario padano ha sentenziato di non voler partecipare a primarie o sedersi a tavoli con chi si iscrive all’Arcigay (chiaro riferimento a Francesca Pascale).
Anche per un altro leader, il presidente de La Destra Francesco Storace, la federazione sognata da Berlusconi non è praticabile: “Se non si affronta la partita sul piano dei contenuti, sarà difficile creare una coalizione alternativa alla sinistra. Soprattutto con quelli che con lui ci sono stati più per convenienza che per convinzione e che quando è andata storta si sono messi per conto loro. Qui si odiano tutti”.
Insomma, almeno per il momento Matteo Renzi può dormire sogni tranquilli: con una destra acefala e divisa e con un M5S inchiodato al 20-22%, anche con un ritorno alle urne con il Consultellum il premier otterrebbe una grande vittoria.